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Crescendo, il tema del futuro nel vocabolario politico e nel dibattito pubblico

Il futuro è stato progressivamente cancellato dal vocabolario politico e dal dibattito pubblico. Talora lo si evoca, ma per promettere disgrazie, dissoluzioni e soccombenze, ciascuno avendo a cuore il proprio disastro preferito

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Crescendo, il tema del futuro nel vocabolario politico e nel dibattito pubblico

Il futuro è stato progressivamente cancellato dal vocabolario politico e dal dibattito pubblico. Talora lo si evoca, ma per promettere disgrazie, dissoluzioni e soccombenze, ciascuno avendo a cuore il proprio disastro preferito

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Crescendo, il tema del futuro nel vocabolario politico e nel dibattito pubblico

Il futuro è stato progressivamente cancellato dal vocabolario politico e dal dibattito pubblico. Talora lo si evoca, ma per promettere disgrazie, dissoluzioni e soccombenze, ciascuno avendo a cuore il proprio disastro preferito

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Il futuro è stato progressivamente cancellato dal vocabolario politico e dal dibattito pubblico. Talora lo si evoca, ma per promettere disgrazie, dissoluzioni e soccombenze, ciascuno avendo a cuore il proprio disastro preferito

Il futuro è stato progressivamente cancellato dal vocabolario politico e dal dibattito pubblico. Talora lo si evoca, ma per promettere disgrazie, dissoluzioni e soccombenze, ciascuno avendo a cuore il proprio disastro preferito. Il che però non induce ad attivarsi, semmai a distrarsi. Il presente è proiettato nel passato, per recuperarlo o vendicarlo. Eppure il futuro esiste e sarà migliore del presente, perché ancora da costruire. Per pensarlo con fiducia si deve guardarlo con realismo.

Uno che prova a scrutarlo è Mario Draghi, evocando questioni ineludibili, ma con cui molti preferiscono non fare adesso i conti. Il Piano che aveva presentato prima delle elezioni europee – naturalmente trascurato dalle multilingue campagne elettorali – avvertiva sul venire meno di tre pilastri dello sviluppo passato: a. energia a basso costo dalla Russia; b. mercato di produzione ed esportazione in Cina; c. difesa europea a cura e spese degli Stati Uniti. Proposte: 1. non si prenda la decarbonizzazione come una penitenza, ma come un’occasione di salto tecnologico e innovazione; 2. si usi la realizzazione di un sistema europeo di difesa sia per la crescita economica che per l’integrazione politica; 3. se ne cerchi lo strumento finanziario nella generazione di (ulteriore) debito comune europeo, il che favorisce anche l’integrazione e accompagna la realizzazione dell’indispensabile spazio bancario comune.

A parte la cortesia intitolata all’ipocrisia, è come se quel Piano non fosse mai stato reso pubblico. Draghi torna a parlare di futuro, a Parigi. Ancora una volta il rispetto formale s’è accompagnato al disinteresse sostanziale. Ma ha esposto un concetto che dovrebbe stare assai a cuore a una sinistra che si occupi dei lavoratori e a una destra che si occupi della produttività: il modello europeo delle esportazioni basate sui bassi salari (che è prima di tutti dei tedeschi e degli italiani, osservo io) non regge più, perché non consente di crescere abbastanza e perché il cambiare dello scenario – come sopra illustrato – gli toglie competitività. E non soltanto i debiti nazionali si tengono in equilibrio solo crescendo a un ritmo più veloce, ma senza quello sono destinati a gonfiarsi a dismisura. Ciò accadrà in fretta ed è già dovuto all’invecchiamento della popolazione, il che comporta una crescente spesa pensionistica e nella sanità. A meno che non si voglia negare la seconda per diminuire la prima, mortis causa.

Ma non è che per sostenere le domande interne (e quindi il ciclo della remunerazione degli investimenti) sia sufficiente aumentare i salari, perché in quel modo crollerebbe la competitività sul lato dei prezzi. Serve investire e riqualificare i lavoratori, rendendoli capaci di produzioni a più alto valore aggiunto. E serve un polmone finanziario che accompagni e regga questo processo. Il che riporta allo spazio bancario europeo e dovrebbe suggerire l’accensione di debito comune, destinato agli investimenti. Ove si ritenga impossibile questo secondo pilastro, almeno si usi in maniera coordinata lo spazio fiscale futuro di ciascun Paese.

A questo punto ai liberisti ideologici prende un collasso perché la leva della spesa pubblica per investimenti torna a servire, come ai socialisti ideologici vengono le palpitazioni alla sola idea che i salari possano crescere soltanto ove cresca la produttività. Lasciamoli pure ai loro travagli, perché quel che serve è il realismo. La strutturazione dei nostri mercati e le condizioni della finanza pubblica dicono che gli uni e gli altri sono fuori dalla realtà. Possono pure armarsi di motosega e motozappa, ma non riusciranno neanche a metterle in moto.

Conserveremo il nostro modello di vita, che è il migliore esistente al mondo, soltanto crescendo di più, intonando un crescendo rossiniano che suoni positività e capacità di pensare un futuro in tinte non funerarie. Su questo devono esercitarsi la politica e le diverse idee, non nel gioco del centro, della sinistra e della destra. In quel modo finiscono solo sotto.

di Davide Giacalone

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