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De Gasperi, Einaudi e Sturzo: tre sconfitti

Cos’hanno in comune Luigi Einaudi, Luigi Sturzo, Alcide De Gasperi? Sono tutt’e tre sconfitti. Da chi? Dalla mentalità statalista

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De Gasperi, Einaudi e Sturzo: tre sconfitti

Cos’hanno in comune Luigi Einaudi, Luigi Sturzo, Alcide De Gasperi? Sono tutt’e tre sconfitti. Da chi? Dalla mentalità statalista

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De Gasperi, Einaudi e Sturzo: tre sconfitti

Cos’hanno in comune Luigi Einaudi, Luigi Sturzo, Alcide De Gasperi? Sono tutt’e tre sconfitti. Da chi? Dalla mentalità statalista

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Cos’hanno in comune Luigi Einaudi, Luigi Sturzo, Alcide De Gasperi? Sono tutt’e tre sconfitti. Da chi? Dalla mentalità statalista

Cos’hanno in comune Luigi Einaudi, Luigi Sturzo, Alcide De Gasperi? Sono tutt’e tre sconfitti. Da chi? Dalla mentalità statalista. Che, dopo la stagione centrista dei governi De Gasperi – con Einaudi prima alla Banca d’Italia, poi al Bilancio, quindi al Quirinale – s’impose e dilagò con l’affermazione definitiva dei due principali partiti di massa: la Dc e il Pci. Certo, quella stagione è stata decisiva. Talmente decisiva che è come se tutta la democrazia italiana futura (e ora passata) ne avesse tratto beneficio quale atto di fondazione ben riuscito. E tuttavia, i tre grandi uomini hanno visto le loro idee cadere una dopo l’altra. E le hanno viste – da chissà quale mondo, dal mondo delle idee magari, che comunque esiste realmente – tanto sistematicamente rifiutate e negate quanto retoricamente evocate sono sempre state nel tempo le loro figure.

Ancora adesso, ad esempio, il ministro degli Esteri e segretario di Forza Italia Antonio Tajani – in occasione del 106esimo anniversario dello storico discorso di don Luigi Sturzo “Ai liberi e forti” con cui nacque il Partito popolare italiano – ha detto che Sturzo, Einaudi e De Gasperi hanno fatto la storia del nostro Paese. E ha aggiunto di invitare sempre «i giovani di Forza Italia, partito cristiano, liberale, riformista, garantista ed europeista a studiarli in modo approfondito».

C’è in queste parole (che non si dubita siano sincere) un’ironia della storia. Perché è noto che nella cultura politica italiana allo studio si preferisce il culto, all’approfondimento la superficialità, alle scelte la retorica. I magnifici tre avevano infatti idee liberali che riguardavano nientemeno che la scuola libera (Einaudi), l’economia utile (Sturzo), la politica limitata (De Gasperi). Che sono – piaccia o no riconoscerlo – le tre grandi assenti della nostra cultura civile. Che vede ben affermate nella realtà e nella mentalità una scuola monopolista statale, un libero mercato tollerato, una politica tanto invadente quanto inevitabilmente inconcludente.

Se oggi Luigi Einaudi vedesse l’ordine degli studi del nostro tempo inorridirebbe. Vedrebbe quanto sia sceso nel corpo e nell’anima della cultura nazionale il veleno – così giustamente lo chiamava – del valore legale dei diplomi scolastici e universitari. Soprattutto, ascoltando il regolamentare elogio che vien fatto della sua austera persona e del suo pensiero civile dalle più alte cariche dello Stato, prenderebbe atto con un ironico sorriso che tutti, sulla fondamentale questione della scuola, evitano di ricordare la sua ‘predica inutile’. Un po’ perché la ignorano, un po’ perché si spaventano a concepire Stato e scuola come idee opposte.

Eppure, cosa sono le nostre libere e forti vite morali e intellettuali se non le nostre ricchezze spirituali, che non possono essere subordinate a uno Stato pedagogo che, al contrario, nella sua forma puramente utilitaria deve dipendere proprio dalla nostra libertà civile e morale? La mentalità statalista, ossia il convincimento che la conoscenza e la morale coincidano con lo Stato, è assorbita dagli italiani. Che siano a destra o a sinistra o al centro ha poca importanza. E lo è prima di tutto attraverso la scuola. Così in maniera del tutto naturale si concepisce l’idea di fondare la cultura sulle istituzioni, mentre la vita di una liberaldemocrazia esige l’inverso. Che siano le istituzioni a essere fondate sulla cultura.

Ma in quella pretesa, che ha dell’assurdo e che è alla base degli abusi di potere, si sono incontrate le due anime della politica italiana repubblicana. La cattolica e la comunista. Quelle che hanno toccato una delle corde più profonde dell’animo nazionale: la credenza in un istituto salvifico (il Partito, lo Stato, la Chiesa). Parigi val bene una messa ma, ahimè, Parigi non val mai bene una messa.

Di Giancristiano Desiderio

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