Emergenza inquinamento e politica (non) istruita
Le norme emergenziali in contrasto all’inquinamento devono tener conto di tutto: non solo vetture private ma anche allevamenti intensivi collettivi
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Emergenza inquinamento e politica (non) istruita
Le norme emergenziali in contrasto all’inquinamento devono tener conto di tutto: non solo vetture private ma anche allevamenti intensivi collettivi
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Emergenza inquinamento e politica (non) istruita
Le norme emergenziali in contrasto all’inquinamento devono tener conto di tutto: non solo vetture private ma anche allevamenti intensivi collettivi
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Le norme emergenziali in contrasto all’inquinamento devono tener conto di tutto: non solo vetture private ma anche allevamenti intensivi collettivi
Si ha la sgradevole impressione che si sia perso il senso della logica. Come se un’invasione di testapiattisti avesse dissolto la funzionalità delle sinapsi, la capacità di collegare un fatto a un altro.
Appena pochi giorni addietro era da considerarsi riprovevole porre un quale che sia limite all’inquinamento indotto dagli allevamenti intensivi o moderare l’uso dei pesticidi nelle coltivazioni; poi si gira pagina e, nel giro di qualche ora, si passa agli allarmi per l’aria che si respira e si varano provvedimenti emergenziali. Senza avvedersi del nesso fra le due cose.
I provvedimenti immediati si riferiscono alla limitazione del traffico e al blocco di alcune tipologie di vetture, quando sappiamo che contribuiscono all’inquinamento comunque meno del riscaldamento e degli allevamenti. Il fatto che contribuiscano meno non è un buon motivo per ignorarle, ma è un ottimo motivo per chiedersi se, qualche giorno fa, non si siano inanellate delle castronerie autolesioniste per potere correre appresso ai trattori. Tanto più che quelle vetture devono fermarsi nel mentre si esclude di togliere il contributo ai trattoristi per l’acquisto del medesimo combustibile fossile.
Si dirà: ma la macchina del privato cittadino si muove solo al suo personale servizio, mentre il trattore serve la collettività e il contributo serve a non aumentare i prezzi. Per niente convincente: a. intanto il cittadino ha comprato la macchina, compra il combustibile e si muove per lavoro o diletto – sono affari suoi – contribuendo alla vitalità collettiva; b. il contributo che ricevono gli agricoltori non pesa sul prezzo dei prodotti ma sulla tasca di chi paga le tasse, quasi gli stessi che comprano da mangiare; c. senza contare che – non “gli agricoltori”, ma quegli agitatori politici che avevano mosso i trattori – hanno chiesto anche di non importare merci che costino meno, quindi innescano un aumento dei prezzi e per innescarlo ricevono soldi pubblici.
È ridicolo andare appresso a queste richieste e poi, nel giro di poche ore, fermare la sora Cesira e il sor Augusto perché l’aria è irrespirabile. Dopo di che nessuno ha soluzioni salvifiche, ma ci si può salvare dagli sparacavolate. Non si può lamentarsi per l’inquinamento e lamentarsi perché esiste un programma di azzeramento delle emissioni nette da qui al 2050. Ovvio che quel programma comporta dei costi e delle trasformazioni che non sono indolori, ma i fondi europei stanziati servono ad accompagnare la transizione cercando di coglierne le opportunità e minimizzarne le scomodità. Quindi ha certamente senso una discussione sulle scelte relative alla fase intermedia, ma se si pretende di spendere i soldi per conservare il passato è escluso che poi si possa lamentarne le conseguenze, ovvero l’inquinamento e la progressiva espulsione da un mercato destinato a crescere.
Perché accadrà quel che oggi già accade con gli Organismi geneticamente modificati: in Italia se ne proibisce la coltivazione, con il risultato che gli allevatori li importano massicciamente dall’estero, quindi la carne che mangiamo ha prima mangiato quella roba, ma noi ci siamo mangiati un pezzo di mercato e siamo stati mangiati da chi produce quel che ci serve. Sempre perché i testapiattisti spensero le sinapsi e fecero credere di difendere la natura, laddove stavano difendendo la loro arretratezza.
La politica è autonoma dagli interessi particolari non quando è onesta, ma quando è istruita (e onesta). L’informazione svolge una funzione se prova a usare la ragione critica, non se strillazza cose opposte a giorni alterni. I cittadini difendono i loro interessi se osservano la scena e la collegano alla tasca, magari mentre sono in fila per pagare il depuratore d’aria che sono andati a comprare, pagandolo di tasca propria e senza i contributi che ricevono quelli che la sporcano.
La ragionevolezza tiene in equilibrio le cose, scontando l’inquinamento con l’innovazione. Gli urlatori contraddittori avvelenano anche te, digli di piantarla.
di Davide Giacalone
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