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Europa al centro

Se la storia insegna qualcosa, in questa guerra in corso sul suo fianco orientale non si può non notare che proprio l’Europa è centrale nel mondo
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Europa al centro

Se la storia insegna qualcosa, in questa guerra in corso sul suo fianco orientale non si può non notare che proprio l’Europa è centrale nel mondo
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Europa al centro

Se la storia insegna qualcosa, in questa guerra in corso sul suo fianco orientale non si può non notare che proprio l’Europa è centrale nel mondo
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Se la storia insegna qualcosa, in questa guerra in corso sul suo fianco orientale non si può non notare che proprio l’Europa è centrale nel mondo

Alla fin fine la reazione decisa dell’Ucraina, degli Stati Uniti, dell’Unione europea, dell’Inghilterra e della Nato alla non ben calcolata aggressione che la Russia ha compiuto ai danni di Kiev e del suo fiero popolo si intende e spiega anche in modo semplice: certe cose al giorno d’oggi non si possono più fare. L’idea di Putin di fare come il lupo con l’agnello (superior stabat lupus) non è più praticabile impunemente, soprattutto poi con il popolo ucraino che nel Novecento – il cosiddetto “secolo breve” che invece è stato lunghissimo, sterminato e sterminatore – è stato per davvero sacrificato come un agnello sull’altare della irreligione totalitaria. Dunque, è la stessa idea di civiltà che si oppone alla tracotanza del dittatore russo e, diciamo pure, alla sua faccia tosta di lanciare risibili accuse di essere nazista a chiunque argini i suoi imperialisti sogni di gloria. Tuttavia, vi è anche dell’altro e questo Altro ha un solo nome: Europa.

Se la storia insegna qualcosa – e qualcosa pur insegna – allora in questa guerra in corso sul suo fianco orientale non si può non notare che proprio l’Europa è centrale nel mondo. E per Europa, questa volta, non s’intende soltanto l’Unione europea ma proprio quel caro Vecchio Continente che, evidentemente, tanto vecchio non è. Se facciamo lo sforzo di guardare un po’ più in là del nostro naso e del cortile di casa – come pur sta facendo Meloni – e allarghiamo il nostro orizzonte, ci apparirà un panorama geopolitico che ci racconta questa storia: le vicende dell’Ottocento e del Novecento ci avvertono che se l’Europa è in equilibrio allora il mondo è più o meno in pace, pur persistendo guerre feroci ma territorialmente arginabili; se invece l’Europa perde equilibrio, mentale e territoriale, allora il mondo prende fuoco. Quindi ciò che ha fatto la Russia, che per tradizione o resta a Mosca o si spinge sul Mediterraneo, non si può più fare non solo per ragioni di civiltà ma anche per motivi di equilibrio geopolitico: squilibrare il Vecchio Continente significa incendiare il mondo. In gioco nella guerra in Ucraina c’è esattamente questo: la centralità dell’Europa nel mondo.

Una volta passato il ciclone che aveva il nome di Napoleone Bonaparte, gli Stati europei si ritrovarono a Vienna per il famoso Congresso. Stabilirono alcune cose che andarono quasi subito a gambe all’aria e durante il “secolo della storia” ci furono un bel po’ di rivoluzioni: il Quarantotto, l’Italia unita, la Germania. Eppure il concerto europeo, che si sforzò di conservare equilibrio e di coniugare libertà e nazione, durò per ben un secolo. Quando si ruppe ci fu la Prima guerra mondiale, che in realtà era la prima guerra civile d’Europa alla quale vent’anni dopo fece seguito la Seconda con tutto ciò che sappiamo (o dovremmo sapere). Questa cavalcata nella storia europea e mondiale – senza illudersi di vedere lo spirito del mondo seduto a cavallo o su un carro armato – ci mostra quasi come in un film che i destini del mondo passano proprio per la centralità dell’Europa. Non solo. Mostra anche un’altra cosa: ogni volta che l’Europa perde equilibrio, tocca all’altra Europa che è al di là dell’Atlantico intervenire per rimettere le cose a posto. Non c’è, dunque, da stupirsi che Kiev abbia messo insieme le due Europe perché il Vecchio e il Nuovo Continente stanno insieme anche se cadono separati. Ma perché non vi sia caduta è meglio tenere ora tutto insieme, piuttosto che attendere dopo l’arrivo dei nostri americani. È quanto sta accadendo e, forse, per una volta la lezione della storia è servita a qualcosa.

di Giancristiano Desiderio

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