Giorgia Meloni e la ricandidatura. Fra regole e suggestioni
Giorgia Meloni, nell’intervista di qualche giorno fa all’agenzia Adnkronos, ha annunciato di volersi “ripresentare agli elettori dicendo la cosa più banale su cui i politici andrebbero giudicati: ve lo avevamo promesso, lo abbiamo fatto”
Giorgia Meloni e la ricandidatura. Fra regole e suggestioni
Giorgia Meloni, nell’intervista di qualche giorno fa all’agenzia Adnkronos, ha annunciato di volersi “ripresentare agli elettori dicendo la cosa più banale su cui i politici andrebbero giudicati: ve lo avevamo promesso, lo abbiamo fatto”
Giorgia Meloni e la ricandidatura. Fra regole e suggestioni
Giorgia Meloni, nell’intervista di qualche giorno fa all’agenzia Adnkronos, ha annunciato di volersi “ripresentare agli elettori dicendo la cosa più banale su cui i politici andrebbero giudicati: ve lo avevamo promesso, lo abbiamo fatto”
Giorgia Meloni, nell’intervista di qualche giorno fa all’agenzia Adnkronos, ha annunciato di volersi «ripresentare agli elettori. Dicendo la cosa più banale su cui i politici andrebbero giudicati. Ve lo avevamo promesso, lo abbiamo fatto», manifestando così l’intenzione di chiedere agli elettori un secondo mandato. La presidente del Consiglio ha espresso un concetto che, per come è stato esposto, non esiste in Italia. Questa è (ancora) una Repubblica parlamentare, non c’è (ancora) alcuna elezione diretta del premier. Ma Meloni parla di un suo bis.
Non è speciosa polemica ma il tentativo di sottolineare come in politica ormai la cosiddetta ‘narrazione’ abbia travolto la realtà. Attenzione. Giorgia Meloni ha ragione nella sostanza politica. Ma formalmente dice una cosa inesatta. Perché gli italiani non sceglieranno un presidente del Consiglio ma continueranno a votare per dei partiti che in un sistema parlamentare daranno vita a una maggioranza e a un governo. Non c’è nessuna elezione diretta, quindi, e non esiste neanche il bipolarismo sbandierato come la realtà degli ultimi 30 anni: alla Camera abbiamo oggi non due ma dieci gruppi parlamentari, più di quelli che c’erano nella cosiddetta Prima Repubblica.
Racconto e realtà non coincidono ma questa confusione finisce per deviare la percezione dell’opinione pubblica. È come il refrain del “Ci hanno scelto gli italiani”. La maggioranza parlamentare (che ovviamente dà un pieno diritto a governare) non è sempre maggioranza degli elettori, anche senza tener conto di un’affluenza alle urne precipitata negli ultimi anni. Oggi la maggioranza esiste solo grazie ai meccanismi dell’attuale legge elettorale. Il centrodestra alle ultime elezioni ha conquistato alla Camera 237 deputati, il 54% dei parlamentari, con il 43,8% dei voti. Per 47 anni abbiamo avuto un sistema proporzionale, poi negli ultimi 30 anni abbiamo cambiato tre volte legge elettorale, inserendo meccanismi maggioritari e/o premi elettorali. Un doping di fatto che dà certezze numeriche mentre nella Prima Repubblica servivano coalizioni che rappresentavano sia la maggioranza degli eletti che quella degli elettori.
Molto è cambiato, quindi, anche se nella nostra democrazia, per il momento, resta fondamentale il ruolo del presidente della Repubblica che verifica se, caduto un governo, il Parlamento è in grado di dar vita a una nuova maggioranza. Se non c’è, allora si vota. Da noi è ancora così. Nel mondo intanto cresce come una macchia d’olio la sfida dei populisti ai meccanismi democratici. Chi arriva a governare spesso non rispetta le barriere di sicurezza della democrazia fatte di regole (la Costituzione e le leggi) e di controlli, realizzati da giustizia e autorità indipendenti.
I nuovi populisti affermano di agire per tutelare gli interessi di un popolo sano e disinteressato dalle manovre di presunte élite non elette che difendono posizioni di potere acquisite. Per loro essere richiamati a rispettare i limiti democratici – appunto rispettando regole e controlli – è un attentato al diritto a governare ottenuto nelle elezioni. Per i populisti il mandato popolare li rende automaticamente legibus soluti.
Questo clima di intolleranza faziosa è un virus che si sta diffondendo e sta sfilacciando le società democratiche. Il campanello d’allarme ormai suona forte in molti luoghi e da parecchio tempo. Non ignoriamolo.
di Edgardo Gulotta
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche