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Giorgia Meloni, premierato contro presidenza

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Giorgia Meloni dovrà scegliere tra pochi anni se ricandidarsi come presidente del Consiglio o puntare al Quirinale, ma succedere a Mattarella potrebbe rivelarsi un salto nel vuoto

Giorgia Meloni, premierato contro presidenza

Giorgia Meloni dovrà scegliere tra pochi anni se ricandidarsi come presidente del Consiglio o puntare al Quirinale, ma succedere a Mattarella potrebbe rivelarsi un salto nel vuoto

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Giorgia Meloni, premierato contro presidenza

Giorgia Meloni dovrà scegliere tra pochi anni se ricandidarsi come presidente del Consiglio o puntare al Quirinale, ma succedere a Mattarella potrebbe rivelarsi un salto nel vuoto

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Giorgia Meloni, più padrona che inquilina di Palazzo Chigi, potrebbe dire a buon diritto «hic manebimus optime». Mentre lei pensa all’oggi, c’è chi s’interroga sul suo domani. Che cosa mai farà da grande? Resterà al suo posto il più a lungo possibile, battendo così il record di longevità ministeriale, o punterà ancora più in alto? Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella concluderà il suo secondo settennato il 3 febbraio 2029. Meloni è nata a Roma il 15 gennaio 1977. Perciò, quando ai sensi dell’articolo 85 della Costituzione il 3 gennaio 2029 il presidente della Camera convocherà il Parlamento in seduta comune integrato dai delegati regionali per eleggere il prossimo capo dello Stato, Meloni avrà già superato i cinquant’anni e avrebbe titolo per candidarsi alla suprema magistratura dello Stato.

Sempre che, si capisce, il centrodestra a trazione Meloni vinca le elezioni politiche del 2027. Lei è la prima a non dare la cosa per scontata. Per scaramanzia, forse. Fatto sta che vorrebbe una nuova legge elettorale proporzionale con premio di maggioranza al fine di scongiurare una sconfitta a tutto vantaggio di Elly Schlein e i suoi alleati (si fa per dire). Lei, Elly, sogna di essere Biancaneve circondata dai sette nani. Ma le opposizioni sembrano fare di tutto per soccorrere il governo, sottovalutando i fenomeni della sicurezza e dell’immigrazione. Due fattori, tra loro connessi, che potrebbero essere la loro Caporetto.

Ora, ammettiamo che Giorgia Meloni si conceda il bis. Candidata alla presidenza del Consiglio in forza della futura legge elettorale della quale si discute al buio, Meloni sarebbe tenuta a restare a Palazzo Chigi. Ma davvero cova l’ambizione di succedere a Mattarella? Di sicuro non le converrebbe. Perché sarebbe presidente della Repubblica nell’ambito di una forma di governo parlamentare. È vero che la fisarmonica del Colle evocata da Giuliano Amato si è più allargata che ristretta. Poche le presidenze notarili: dall’effimero De Nicola a Leone e al primo Cossiga. Assai di più le presidenze interventiste: da Gronchi a Saragat, da Pertini al picconatore Cossiga, da Scalfaro a Napolitano. E, sulle orme di Einaudi, anche Mattarella intende trasmettere integre ai suoi successori le prerogative conferite dalla Costituzione al capo dello Stato.

Certo, Giorgia Meloni con la sua forte personalità potrebbe ‘allargarsi’. Però fino a un certo punto. Perché dovrebbe vedersela con un presidente del Consiglio che non sarà primo ministro a tutti gli effetti in quanto il premierato si affermerebbe solo a partire dal 2032, inizio della XXI legislatura. Ma in sostanza lo sarebbe ai sensi della futura legge elettorale, che prevede l’indicazione del candidato alla presidenza del Consiglio. Perciò la tela costituzionale andrebbe disfatta e rifatta. Si dovrebbe smantellare il premierato, che dopotutto è stato un tempo l’obiettivo delle sinistre, e dar vita a una Repubblica semipresidenziale che nella scorsa legislatura e all’inizio di questa è stata pur sempre il cavallo di battaglia di Meloni.

Ma qui vanno fatti i conti con i referendum costituzionali, che non hanno portato fortuna né a Silvio Berlusconi né a Matteo Renzi. Stavolta andrà meglio? Sarebbe bene non azzardare previsioni. Perché in successione saremmo chiamati a esprimerci per via referendaria sulla separazione delle carriere, sul premierato e sulla Repubblica presidenziale. Un rischio, come quello di Renzi che ci lasciò le penne, moltiplicato per tre. Ma allora perché sfidare la sorte? Meloni resti a capo del governo, dove si trova a proprio agio e sta dando il meglio di sé. Del resto, non si è mai dato il caso di un immediato trasloco da Palazzo Chigi al Quirinale. Come hanno sperimentato sulla loro pelle – tra i tanti – Fanfani e Andreotti.

Un presidente della Repubblica si troverà, ma nel quadro di una forma di governo parlamentare. Anche perché il semipresidenzialismo alla francese – Macron o no – di questi tempi non sembra proprio un modello d’esportazione.

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