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Idealità e interessi per l’Ue

Oggi a Milano il mondo liberaldemocratico s’interroga sul futuro dell’Unione europea
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Oggi a Milano il mondo liberaldemocratico s’interroga sul futuro dell’Unione europea
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Oggi a Milano il mondo liberaldemocratico s’interroga sul futuro dell’Unione europea
A Milano, oggi, il mondo liberaldemocratico s’interroga sul futuro dell’Unione europea. A convocare l’evento è l’Alde, Liberali e Democratici Europei, con Renew Europe e il Partito democratico europeo (che non ha nulla a che vedere con il Pd). Nel manifesto che l’annuncia si fa sapere che saranno presenti Giuseppe Benedetto, Carlo Calenda, Benedetto Della Vedova, Alessandro De Nicola, Oscar Giannino, Sandro Gozi, Letizia Moratti e Matteo Renzi. Già questi nomi dicono che non è un incontro fra uguali, visto che si tratta di storie e collocazioni diverse, ma di un passo verso una possibile unità. Il che porta a due considerazioni politiche. La prima riguarda l’identità. Nella nostra vicenda nazionale i partiti di matrice liberaldemocratica hanno una scaturigine risorgimentale, una storia parallela, ma non una collocazione identica. Nella storia europea quelle stesse forze hanno percorsi che risentono (e non potrebbe essere diversamente) delle diverse storie nazionali, sicché se ne trovano di matrice più nettamente liberista (in senso economico) o libertaria (sul fronte dei diritti civili), come altre più moderate o conservatrici. Se questo è il passato, già non è più il presente e non può essere il futuro. Tramontate le ideologie, in un’Europa liberata da forze e partiti che volevano portarci il comunismo – con movimenti ripiegati verso un nazionalismo anacronistico e che non ha più neanche il coraggio di definirsi tale, talché preferisce dirsi “sovranista”, con gli equilibri elettorali scossi da populismi diversi e opposti ma che hanno in comune il rifiuto delle compatibilità e l’esaltazione degli egoismi qualunquistici e giustizialisti – l’area liberaldemocratica non può essere il puzzle di tante e diverse forze nazionali, ma la prima interprete di una politica che sia concepita per essere europea. Non basta essere europeisti, che rischia di suonare come luogo comune, occorre essere europei. Collocare in quell’orizzonte le ricette per il futuro, a cominciare dal mercato economico e dalla sicurezza geopolitica e militare. La seconda considerazione è più strettamente italiana: il falso bipolarismo, affermatosi dal 1994 in poi, ha spappolato quel mondo, che ha la responsabilità d’essere caduto nella trappola del dividersi sul “da che parte stare”. Il che ha portato con sé la patetica richiesta, a destra e a sinistra, di dare rappresentanza testimoniale alle bandiere di quel mondo che fu politico e divenne raduno di reduci (non più combattenti). La politica non è testimonianza, quella è roba da gruppi mistici. La politica è rappresentanza di idee, programmi e interessi. La rappresentanza di quel che fu è competenza degli istituti storici. Una forza politica non è una ecclesia e non chiede atti di fede. Gli interessi e le idealità che i liberaldemocratici possono incarnare sono maggioritari in Ue, come lo sono in Italia. Se a questo non corrisponde una analoga raccolta elettorale spesso dipende dal non essere stati capaci di incarnarli e renderli vitali. Anche nelle diversità personali. Questa è la sfida, il resto conta poco. Di Gaia Cenol

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