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La frattura occidentale

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La frattura occidentale è evidente. Non è una rescissione permanente – gli Stati Uniti non usciranno dalla Nato e non abbandoneranno il G7 – ma l’allontanamento dalla solidarietà occidentale, voluto dalla Casa Bianca, è un fatto e genera delle conseguenze

La frattura occidentale

La frattura occidentale è evidente. Non è una rescissione permanente – gli Stati Uniti non usciranno dalla Nato e non abbandoneranno il G7 – ma l’allontanamento dalla solidarietà occidentale, voluto dalla Casa Bianca, è un fatto e genera delle conseguenze

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La frattura occidentale

La frattura occidentale è evidente. Non è una rescissione permanente – gli Stati Uniti non usciranno dalla Nato e non abbandoneranno il G7 – ma l’allontanamento dalla solidarietà occidentale, voluto dalla Casa Bianca, è un fatto e genera delle conseguenze

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La frattura occidentale è evidente. Non è una rescissione permanente – gli Stati Uniti non usciranno dalla Nato e non abbandoneranno il G7ma l’allontanamento dalla solidarietà occidentale, voluto dalla Casa Bianca, è un fatto. E genera delle conseguenze. Non esorcizzabili con dichiarazioni di fede. Quella solidarietà non è mai stata unità di visioni e interessi (diversità notevoli hanno a lungo convissuto e potranno ancora convivere). Ma presupponeva una comunità nella sorte, nella difesa e nel peso rispetto ad altre aree del mondo. E lì la frattura occidentale c’è.

Negli Usa non sono una novità né il nazionalismo né l’isolazionismo, presenti durante tutto il corso della loro storia. Ma Trump non ha agito da nazionalista e isolazionista, seppure con toni più accesi che nel passato. Ha fatto di più. Ha scelto di favorire gli interessi della Russia, che è stata assai a lungo il polo antagonista delle democrazie occidentali e che tale è rimasta. E lo ha fatto accettando e avvalorando una condizione storicamente inedita. Ovvero la convergenza fra Cina e Russia, in misura inesistente quando erano il blocco comunista. Se provare a dividerle è stata la dottrina stabile della politica estera americana, con Trump è stata abbandonata. La questione ucraina ne è la dimostrazione.

Dove questo condurrà gli Usa lo vedremo, come vedremo quanto a lungo una tale postura potrà essere mantenuta. Di sicuro divarica gli Usa dalle altre democrazie occidentali. Trump può, forse, sperare di creare un mondo che torna a essere diviso in aree d’influenza. Ma mentre è chiaro quale sia l’aspirazione espansiva di Putin e Xi Jinping, non lo è affatto circa l’influenza americana. Gli Usa che Trump lascerà saranno i più rattrappiti di sempre.

Lo si è visto da ultimo al G7. Dalla geopolitica alla partita dei dazi – giocata da Trump con finalità più geopolitiche che commerciali – si genera un riconsolidarsi delle altre democrazie. Il che può far piacere a noi europei ed europeisti, ma la frattura indebolisce tutti. Anche perché Trump ha dovuto vistosamente rinculare nelle pretese daziarie verso la Cina, mentre continua a usarle per provare a dividere gli occidentali. Far vedere un trattamento di favore riservato al Regno Unito, rispetto all’Unione Europea, va in quella direzione. E s’infrange sulla novità che lui stesso ha innescato, spingendo Londra a rinsaldare le alleanze difensive con il resto delle capitali europee. Continuerà a spingere per dividere, ma il suo insuccesso non sarà in sé un successo europeo.

Noi abbiamo il dovere di cogliere il momento e accelerare il processo d’integrazione, così come di far crescere l’intesa militare con gli inglesi, ma il persistere di quell’impostazione genera una concorrenza nell’attirare i capitali e renderà più spericolato l’equilibrio dei debiti nazionali. Quello americano è il più grande e il più pericoloso (da questo punto di vista le valutazioni delle agenzie di rating sembrano reperti di un mondo che rischia d’essere già passato), ma le turbolenze che potranno riguardarlo non lasceranno in pace le coste europee.

Anche la sola ipotesi che la Russia possa accettare, dopo il grave scacco subìto in Siria, di perdere l’alleato iraniano (dando asilo alle canaglie) in cambio del via libera in Ucraina è uno scenario infernale. Oltre che una scommessa che nasce perdente, per la Casa Bianca.

Osserviamo quel che accade a Israele, Paese cui siamo legati da assai più che comunanza d’interessi, e valutiamo il prezzo che le guerre presentano in termini di consenso e identificazione. Sembra quasi che quella sia la scuola cui Trump si allinea. O, forse, è la sola scuola su cui può ripiegare dopo tante cose sconnesse dette e tante promesse temerarie.

In Canada si è visto che l’unità delle altre democrazie ha piegato le sparate di Trump. Ma la partita di un comunicato stampa non è la partita della storia e oggi siamo noi europei a dovere fare molto di più, considerandoci un unico soggetto. E dobbiamo farlo anche per il futuro degli Stati Uniti.

di Davide Giacalone

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