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La scuola piegata alla burocrazia

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Due episodi ultimamente mi hanno fatto riflettere su come la scuola, in cui insegno da 36 anni, stia perdendo la sua ricchezza di confronto dialogico. A favore di normative imposte dall’alto e senza discussione né comprensione delle motivazioni

Scuola

La scuola piegata alla burocrazia

Due episodi ultimamente mi hanno fatto riflettere su come la scuola, in cui insegno da 36 anni, stia perdendo la sua ricchezza di confronto dialogico. A favore di normative imposte dall’alto e senza discussione né comprensione delle motivazioni

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La scuola piegata alla burocrazia

Due episodi ultimamente mi hanno fatto riflettere su come la scuola, in cui insegno da 36 anni, stia perdendo la sua ricchezza di confronto dialogico. A favore di normative imposte dall’alto e senza discussione né comprensione delle motivazioni

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Due episodi ultimamente mi hanno fatto riflettere su come la scuola, in cui insegno da 36 anni, stia perdendo la sua ricchezza di confronto dialogico. A favore di normative imposte dall’alto e senza discussione né comprensione delle motivazioni.

In questi giorni il ministro Valditara ha ribadito come sua grande conquista il fatto che il voto in condotta a scuola pesi fortemente sui risultati oggettivi di tutte le materie. Secondo lui questo ridarà autorevolezza ai docenti, confondendo evidentemente il concetto di autorevolezza con quello ben diverso di autorità. Ci sono certamente casi difficili in cui i comportamenti degli studenti sono inaccettabili. Ma questi non si risolvono rimandando a settembre e chiedendo un elaborato su tematiche civiche (facilmente realizzabile ricorrendo all’intelligenza artificiale). I problemi gravi vanno affrontati con personale competente, psicologi, servizi sociali. Non si può sperare che un ragazzo davvero problematico cambi soltanto grazie a una nota o a un voto inferiore in condotta.

In tal modo a scuola si rischia però di penalizzare fortemente il risultato finale di ragazzi bravi e volonterosi

La cosa grave – che pochi sanno – è che si rischia di penalizzare fortemente il risultato finale di ragazzi bravi e volonterosi. Infatti il punteggio dei crediti che contribuiscono al voto finale verrà automaticamente abbassato se non c’è almeno 9 in condotta. Da quando il comportamento fa media, 8 in condotta è come 8 in altre materie e dunque un buon voto. In realtà ora basterà una nota data anche per motivi futili (potrei elencare tantissimi casi realmente accaduti) per perdere il 9. E quindi il punto di credito. Ed è contro ogni correttezza epistemologica abbassare la valutazione sulle competenze realmente acquisite a causa di un voto (peraltro spesso non condiviso dal Consiglio di classe) sulla condotta. Messaggio implicito: tacere sempre, non protestare. Non pretendere confronti per diversità di opinioni coi docenti, fingere di essere d’accordo su tutto per non pregiudicare il voto finale.

La scuola e le verifiche

Un’altra normativa che preclude un reale apprendimento dei ragazzi e un controllo sull’operato dei docenti prevede che le verifiche siano considerate atti amministrativi. E quindi – per poter averne copia, capire i propri errori ed eventualmente farsi aiutare a migliorare – si debba richiedere l’accesso formale agli atti. Aspettare fino a 30 giorni per sapere se la domanda è stata accolta. E pagare le eventuali copie delle prove.

Si tratta di una legge vecchia

La legge è molto vecchia, ma in molte scuole per prassi si lascia fare copia delle prove proprio perché la riflessione sugli errori e sulle correzioni apportate è parte essenziale dell’apprendimento, così come per prassi i docenti correggono le verifiche a casa (legalmente non potrebbero). Se però un dirigente volesse applicare la normativa alla lettera, potrebbe vietare assolutamente che i ragazzi facciano copie delle prove e persino scoraggiare l’accesso agli atti o concederlo soltanto alla fine dei 30 giorni, quando ormai didatticamente ha perso ogni valore.

Questo è un grave danno a scuola per i ragazzi in difficoltà, ma crea anche disparità ingiuste legate alla situazione socioculturale delle famiglie. Infatti nuclei numerosi – magari di origine extracomunitaria, in cui non si maneggia la lingua o comunque non si è avvezzi a burocrazie legali – non faranno mai alcun accesso gli atti, per di più pagando le copie e magari dovendo chiedere permessi sul lavoro per ritirarle.

Quale valore formativo ed educativo possono avere questa chiusura al confronto e questa mancanza di fiducia nella trasparenza della comunicazione? Perché non prevale il buonsenso didattico sulla sterile norma burocratica? E come possono i ragazzi imparare il dialogo sereno e costruttivo se non possono avere copie delle loro prove corrette e non devono azzardarsi a protestare su nulla per non vedersi abbassato il credito, indipendentemente dai reali risultati ottenuti nelle singole materie?

di Cristina Agazzi

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