Skip to main content
Scarica e leggi gratis su app

Lega Nord, dalla sinistra alla destra

Sono diverse le acque attraversate lungo i suoi anni dalla Lega Nord, che è oggi a tutti gli effetti il partito più vecchio presente in Parlamento

|

Lega Nord, dalla sinistra alla destra

Sono diverse le acque attraversate lungo i suoi anni dalla Lega Nord, che è oggi a tutti gli effetti il partito più vecchio presente in Parlamento

|

Lega Nord, dalla sinistra alla destra

Sono diverse le acque attraversate lungo i suoi anni dalla Lega Nord, che è oggi a tutti gli effetti il partito più vecchio presente in Parlamento

|
|

Sono diverse le acque attraversate lungo i suoi anni dalla Lega Nord, che è oggi a tutti gli effetti il partito più vecchio presente in Parlamento

All’inizio fu il Senatùr. Ossia l’Umberto da Cassano Magnago. Umberto Bossi, ex cantautore col nome d’arte di Donato ed ex comunista, nel 1984 diede infatti vita alla Lega Lombarda. Fra il 1989 e il 1991 prese poi forma la Lega Nord per l’Indipendenza della Padania (che tutti chiamavano Lega Nord e basta), dalla federazione di sei movimenti regionalisti del Settentrione. La parola d’ordine era “secessione”, ma quattro anni dopo si cambiò registro con la Lega Nord non più indipendentista. Bossi avrebbe mantenuto la segreteria per 20 anni, per poi cederla obtorto collo a Roberto Maroni, che resistette per un annetto prima di passare lo scettro verde a Matteo Salvini.

Sono diverse le acque attraversate da quello che è oggi a tutti gli effetti il partito più vecchio presente in Parlamento: da quelle del Po a quelle che bagnano quelle coste siciliane per la cui difesa Salvini s’è battuto contemplando anche il martirio, con un furore che manco Steinbeck. Ma che dico! Manco Álvaro de Bazán di Santa Cruz nella battaglia di Lepanto. Quel comandante che, esaltato dall’ennesima cacciata dei Mori, suggerì a Filippo II di Spagna d’invadere l’Inghilterra. Provvidenzialmente – per la Spagna e per l’Europa tutta – l’Álvaro morì prima che il poco illuminato monarca iberico rispondesse. Salvini non ha consigliato a Queen Giorgia d’invadere nessuna nazione, ma la sua parabola politica pare richiamare pari pari quella del suddetto Álvaro (una parabola, ovviamente, senza finale drammatico sul piano personale).

Per la futura memoria le cose si chiariranno presto, con l’annunciato congresso federale di cui si vedono già luccicare lunghi coltelli lombardo-veneti. Per meglio dire, lombardi e veneti. Basta parlare con qualche leghista della prima ora del Bresciano o del Veronese per raccogliere malumori (leggi la molatura dei suddetti coltelli). Dai bastioni di Porta Nuova di Verona al Castello di Brescia, centurie di leghisti (veri) sono pronte a fare a fette quella ‘cosa’ di Salvini. Una ‘cosa’ che non ha nulla a che vedere con quel movimento che aveva mosso i primi passi una quarantina d’anni fa. Una ‘cosa’ ora snaturata di fatto con la leadership di chi ha creduto di poter occupare a destra uno spazio libero (spazio poi ripreso da chi aveva più titolarità al riguardo). Una ‘cosa’ lontana anni luce dagli anatemi bossiani e maroniani contro i fascisti: «Andremo a prenderli a casa uno per uno» tuonava col suo linguaggio disinvolto il Senatùr, riferendosi a quei fascisti che nei comizi di piazza qualificava «feccia del Paese».

Più in sintonia con Forza Nuova che con la sinistra (nonostante quella sbandata giovanile da comunista padano), Salvini restituì quindi a D’Alema quella costola da cui – stando a una celebre intervista dell’allora segretario del Pds – era nato il movimento di Bossi: «Tra la Lega e la sinistra c’è una forte contiguità sociale. Il maggior partito operaio del Nord è la Lega, piaccia o non piaccia. È una nostra costola, è stato il sintomo più evidente e robusto della crisi del nostro sistema politico e si esprime attraverso un antistatalismo democratico e anche antifascista che non ha nulla da vedere con un blocco organico di destra». Tutto buttato nei mari e nei fiumi italici da Salvini, che sulla spiaggia del “Papeete” fu colto da improvviso desiderio di ‘potere assoluto’, con nemmeno un Astolfo nei paraggi a recuperargli la ragione probabilmente dispersa sulla Luna come accaduto a Orlando.

L’attuale Lega salviniana rimanda a un altro classico, questa volta della pittura: quel “Millennio” di Bosch al cui centro campeggia un groviglio che ammonisce contro i pericoli delle tentazioni. Tentazioni che per Salvini sono state molteplici, ma che ora devono fare i conti con un inevitabile (e per i suddetti ‘leghisti veri’) redde rationem.

di Pino Casamassima

La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!

Leggi anche

Caso Almasri, Nordio: “Un pasticcio dall’Aia”. E le opposizioni attaccano

05 Febbraio 2025
Alla Camera e al Senato si sono tenute le informative dei ministri Carlo Nordio e Matteo Pianted…

Schlein resta l’avversaria ideale della Meloni

05 Febbraio 2025
Passano i mesi e la sensazione che Elly Schlein sia l’avversario ideale di Giorgia Meloni non ac…

L’opposizione che non c’è e si illude

04 Febbraio 2025
Usa e Italia: l’opposizione si è schiacciata sulla magistratura e sulla polemica di una parte di…

Analogie e differenze storiche tra il caso Almsri e il “lodo Moro”

03 Febbraio 2025
La vicenda Almasri riporta alla mente il “lodo Moro”, l’accordo – all’epoca segreto – stretto ne…

Iscriviti alla newsletter de
La Ragione

Il meglio della settimana, scelto dalla redazione: articoli, video e podcast per rimanere sempre informato.

    LEGGI GRATIS La Ragione

    GUARDA i nostri video

    ASCOLTA i nostri podcast

    REGISTRATI / ACCEDI

    Exit mobile version