Legge di bilancio: pensioni, Fornero e il rito immutabile della manovra di fine anno
Fra le tradizioni delle festività c’è la legge di bilancio. Nel rito è compresa anche l’abolizione di fatto del bicameralismo, con un ramo del Parlamento che esamina la legge e l’altro che la vota così come gli giunge
Legge di bilancio: pensioni, Fornero e il rito immutabile della manovra di fine anno
Fra le tradizioni delle festività c’è la legge di bilancio. Nel rito è compresa anche l’abolizione di fatto del bicameralismo, con un ramo del Parlamento che esamina la legge e l’altro che la vota così come gli giunge
Legge di bilancio: pensioni, Fornero e il rito immutabile della manovra di fine anno
Fra le tradizioni delle festività c’è la legge di bilancio. Nel rito è compresa anche l’abolizione di fatto del bicameralismo, con un ramo del Parlamento che esamina la legge e l’altro che la vota così come gli giunge
Fra le tradizioni delle festività c’è la legge di bilancio. Quando scrivemmo che sarebbe finita con un maxi emendamento e il voto di fiducia fra il 23 e il 31 dicembre, non formulammo una previsione ma illustrammo un percorso scontato. Non ammirevole, con il governo che corregge sé stesso e poi corregge le correzioni annunciate, ma è inutile stare a sofisticare. Nel rito è compresa anche l’abolizione di fatto del bicameralismo, con un ramo del Parlamento che esamina la legge e l’altro che la vota così come gli giunge. Un aspetto grave, ma commuove pochi.
Il lato positivo della legge sta nel favorire il rientro anticipato dalla procedura d’infrazione per eccesso di deficit. Questo bastione regge ed è un merito del governo. Lasciamo perdere il fatto che è il contrario di quel che annunciarono di volere fare, che anche questo è un dettaglio del modo in cui s’è presa a intendere la vita politica. Il resto della legge è senza infamia e senza lode, un trascinarsi avanti. Tanto riqualificare la spesa e cambiarne i meccanismi sono considerati trastulli da dibattiti senza conseguenze.
È però interessante il leva e metti, il cambia e ricambia sul fronte delle pensioni. Il lato avvincente della faccenda non è il girare sempre attorno agli stessi punti né il sottoporre a continui cambiamenti un sistema che – per sua natura e finalità – dovrebbe essere stabile nel tempo. Quel che intriga non è neanche l’avere detto una cosa e il farne un’altra, ma il dire e il fare differenti nello stesso atto e momento. Passi che si annunci come piatto principale l’arrosto di pollo e poi arrivino cucuzze bollite, ma è estasiante che si servano le cucuzze dicendo che trattasi di pollo.
Dietro questo gioco di prestigio c’è una magia che umilia Houdini: sono anni che s’annuncia la cancellazione della legge Fornero e anni che si sostiene d’averla cancellata, ma quella rimane lì e si permette pure il capriccio di trattenere a sé, come fosse un potente elastico, quelli che provano a fuggirle via. La sua forza sta nell’essere fondata sui fatti, mentre il resto sulle fanfaluche.
Anche quest’anno, quindi, s’andrà in pensione prima, il che viene annunciato con una norma che prevede che s’andrà in pensione dopo. Da questo groviglio di tubi pensionistici sgocciola sempre lo stesso approccio: si può andare in pensione prima, ma a patto di rimetterci dei soldi. E siccome quasi la metà delle pensioni incorpora un regalo o è per intero un regalo, ogni volta si deve compensare il costo aggiuntivo con un aggiuntivo prelievo a danno di chi lavora. La morale della favola è così perversa da convincere che convenga non lavorare: difatti abbiamo la più bassa partecipazione al lavoro del Continente. O, per essere più precisi, la più bassa sul versante della regolarità, perché poi c’è quella in evasione fiscale e contributiva. E questo desta così poca indignazione che si vuole pure aumentare il massimale dei pagamenti in contanti – essenziali all’evasione – nel mentre crescono i più sicuri, convenienti e trasparenti pagamenti con le carte.
Essendo Houdini annichilito, per il riscatto della laurea ci si è ispirati al Mago Forest: anche qui si va in pensione prima, pagando i contributi per gli anni degli studi (che dovrebbero portare a lavori meno usuranti, sicché ci si dovrebbe semmai preoccupare per gli altri), ma siccome poi si scassa tutto allora paghi per 5 anni e incassi lo sconto di 2 e mezzo, la metà. Vedremo in cosa si sono laureati quelli che dovessero accettare un simile cattivo affare.
Tutto ciò lo scrivo per arrivare a dire che la politica che si rivolge agli elettori come se fossero stupidi seleziona per sé un seguito che si crede furbo nel ritenere un diritto avere soldi altrui. Mentre quegli elettori che accettano di passare per stupidi pur d’incassare una furbata sono corresponsabili di questo rituale manovrare pur di non cambiare. Quest’associarsi fra stupidi che si credono furbi e furbi che accettano di passare per stupidi è la coalizione vincente dell’Italia perdente.
di Davide Giacalone
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- Tag: politica
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