Miopia di governo e opposizioni
Generalizzare parlando di “politici” è sbagliato, ma va osservata una diffusa miopia di governo e opposizioni, alimentata dalla speranza di rinviare senza dilapidare occasioni
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Miopia di governo e opposizioni
Generalizzare parlando di “politici” è sbagliato, ma va osservata una diffusa miopia di governo e opposizioni, alimentata dalla speranza di rinviare senza dilapidare occasioni
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Miopia di governo e opposizioni
Generalizzare parlando di “politici” è sbagliato, ma va osservata una diffusa miopia di governo e opposizioni, alimentata dalla speranza di rinviare senza dilapidare occasioni
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Generalizzare parlando di “politici” è sbagliato, ma va osservata una diffusa miopia di governo e opposizioni, alimentata dalla speranza di rinviare senza dilapidare occasioni
Osserviamo spesso che le opposizioni dovrebbero avere un progetto, una visione da proporre agli elettori, possibilmente con realismo e spiegando in qual modo vorrebbero procedere. E no, non ci pare di vedere nulla di simile. L’opposizione ha tutto il diritto e pure il dovere, se lo ritiene, di opporsi alle proposte del governo, ma non può sindacalizzare la propria funzione. Non basta protestare né limitarsi a negoziare, deve proporre uno schema diverso. Ma quel che osserviamo a proposito dell’opposizione vale anche per la maggioranza di governo, che non può avere come progetto la gestione della propria vittoria elettorale, con un occhio ai sondaggi. Serve molto di più, perché il soggetto è l’Italia, non il gioco delle parti.
Sul vitale lato della politica estera le cose vanno bene e il governo Meloni si muove in linea con la tradizione europea e atlantica. È un dato molto importante e che segna un netto vantaggio sulle opposizioni, pur restando aperto l’imbarazzante traccheggio sulla ratifica della riforma relativa al Meccanismo europeo di stabilità (Mes). Su altri aspetti non si può essere altrettanto positivi.
La direttrice del Fondo monetario internazionale, Kristalina Georgieva, ha fatto osservare quel che qui abbiamo costantemente ripetuto: «L’aggiustamento che l’Italia sta adottando non funzionerà abbastanza velocemente da ridurre i livelli di deficit e debito». Affermazione del tutto ovvia. Tanto più che il debito rischia non soltanto di restare inalterato, in rapporto al Prodotto interno lordo, ma di crescere nel corso del prossimo anno, mentre promettere che più nettamente scenderà negli ultimi due anni della legislatura è privo di credibilità. Già siamo sempre in campagna elettorale, già la mano si mostra tremula nel tagliare e di soppiatto torna a elargire, figuriamoci quando la campagna elettorale sarà effettivamente aperta. Quelle operazioni si fanno all’inizio della legislatura e all’inizio dell’attività di governo, proprio perché alle loro immediate ruvidità si potrà poi far succedere i benefici, da mostrare agli elettori. Rinviare a quell’impossibile biennio finale significa soltanto che ci si allunga la palla non sapendo come altro giocarla.
La cosa singolare è che il tema del deficit e del debito, con le scelte che impongono, è praticamente rimosso dal dibattito pubblico. Cancellato. Da parte del governo, comprensibilmente, per fare melina e attendere che succeda qualche cosa. Da parte delle opposizioni perché pare brutto rimproverare al governo l’incapacità di praticare la serietà e l’ordine dei conti. Evidentemente sono tutti convinti che quei doveri politici siano in sé impopolari, laddove è anti-popolare la fuga dalle responsabilità politiche.
L’occupazione è cresciuta – anche quella femminile – ed è ragionevole che la presidente del Consiglio se ne dica orgogliosa e se ne annetta il merito. In realtà non è così: molto di quel che accade oggi è frutto di quel che si è impostato ieri, così come quel che si imposta oggi darà risultati (positivi o negativi) domani. Ma ci sta e nessuno si scandalizza. Sarà però il caso di ricordare che siamo il Paese europeo con la più bassa percentuale di popolazione attiva al lavoro. E la più bassa fra le donne. Due medie raccapriccianti, che neanche raccontano la profondità del problema: al Nord la percentuale di occupati è in linea con la media europea, al Sud guarda alla Grecia come una meta difficile da raggiungere.
Non serve a nulla che maggioranza e opposizione si tirino dietro i relativi numeri, perché a questa condizione ci si è arrivati con lustri di compartecipazione nella stagnazione. Epperò sarebbe lecito pretendere che vi fossero delle idee, anche diverse, da spendere, non soltanto lamentazioni e glorificazioni.
Generalizzare e parlare di “politici” è sbagliato e demagogico, ma va osservata una diffusa miopia, alimentata dalla pia e infondata speranza che si possa rinviare senza dilapidare occasioni. Qui si parla di Pnrr solo per tenere il conto degli incassi.
di Davide Giacalone
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