Skip to main content
Scarica e leggi gratis su app

Pacifismo della resa

|

Pacifismo della resa: il nuovo orizzonte politico della Lega a trazione Vannacci si disegna sulle cupole che circondano il Cremlino

Pacifismo della resa

Pacifismo della resa: il nuovo orizzonte politico della Lega a trazione Vannacci si disegna sulle cupole che circondano il Cremlino

|

Pacifismo della resa

Pacifismo della resa: il nuovo orizzonte politico della Lega a trazione Vannacci si disegna sulle cupole che circondano il Cremlino

|

Roberto Vannacci si è insediato agevolmente nella Lega, cioè in un partito svuotato di ogni strategia e senza più quelle parole d’ordine a cui restano aggrappati i militanti ma non più gli elettori. Dopo averne cambiato gli umori con la predicazione martellante che ha riempito le piazze, ha messo su circoli a lui ispirati e ha ispirato un Salvini sempre più a corto di idee una volta esaurita la battaglia sull’autonomia differenziata, dagli esiti assai incerti.

Il nuovo orizzonte politico della Lega a trazione Vannacci si disegna sulle cupole che circondano il Cremlino. C’è un altro vangelo da sfogliare e a ogni nuova pagina si ripete lo stesso incipit: cercare la pace a ogni costo. L’Europa non può continuare ad alzare l’asticella sull’Ucraina, ha sentenziato Luca Zaia, contagiato anche lui dal virus vannacciano e pronto in ogni caso a sintonizzarsi con il generale, hai visto mai.

Nelle intenzioni della Lega la resa dell’Ucraina è qualcosa di più che un auspicio: è un’esortazione a Meloni e a Tajani perché si tirino indietro dall’Europa guerrafondaia. A queste richieste – accolte dagli applausi della platea di Pontida, in cui a dominare erano i supporter del generale – ha fatto eco la compagnia di giro dell’antieuropeismo, da Jordan Bardella a Pedro Abascal.

Si tratta di un mood che ha attecchito su un terreno fertile. La sintonia stabilita fra Trump e Putin, rafforzata dopo il vertice di Anchorage, ha sconvolto il quadro di riferimento dell’Unione Europea. Si moltiplicano ogni giorno i segnali che vanno nella direzione di una crescente solitudine del Vecchio Continente. Ultimo è stato l’annuncio della Casa Bianca di ridurre se non proprio azzerare la fornitura di armamenti alle tre repubbliche del Baltico, preoccupate di incappare nella stessa sorte di Kyiv. È una cornice inquietante per le democrazie europee, ma troppo ghiotta per gli antieuropeisti che vedono meno ostacoli al loro progetto di svuotare di poteri la Commissione e il Consiglio europeo, colpevoli ai loro occhi di impedire la pace rifornendo di armi Zelenskyj.

La convergenza di interessi strategici fra Mosca e Washington – favorita anche dallo spiccato senso degli affari famigliari di Trump – ha trasformato l’Unione Europea in un grave intralcio ai rispettivi obiettivi. Quello di Mosca, di recuperare la dimensione imperiale perduta con il crollo del comunismo. Quello di Trump, di piegare l’Ue alle esigenze americane, prima fra tutte il riequilibrio degli scambi commerciali. È così che anche il sostegno all’Ucraina diventa un’occasione propizia per vendere armamenti da far pagare all’Europa.

Nulla di meglio, allora, che avvolgere in un pacifismo nebbioso gli interessi degli uni e degli altri. A questo disegno si prestano partiti come la Lega, il Rassemblement National di Marine Le Pen e Bardella, Vox di Abascal, l’AdF di Alice Weidel. Sono loro i corifei del putin-trumpismo, sono loro a invocare la fine della guerra in Ucraina, meglio se con la resa di Kyiv o in qualsiasi altro modo purché di piena soddisfazione per Putin. La bandiera bianca da alzare a Kyiv sarebbe un passo avanti notevole per minare le fondamenta dell’integrazione europea, perché una sconfitta mortificante dell’Ucraina coinciderebbe con la sconfitta dell’Unione e di ogni progetto europeo.

Vale la pena di osservare che i plenipotenziari di Putin in Europa si guardano bene dal chiedere garanzie di sicurezza per Kyiv una volta che fosse siglato un accordo di pace. Mettere sul tavolo la questione delle garanzie significherebbe infatti alimentare il coordinamento dei Paesi europei, cosa che urta con i piani di disgregazione a cui lavorano i Vannacci e i Salvini. Sotto gli occhi di chi continua a credere e a lavorare per accelerare l’integrazione politica dell’Unione si dispiega con chiarezza solare il quadro delle forze contro cui lottare: sono a Mosca e a Washington, ma le più insidiose le abbiamo in casa.

Di Massimo Colaiacomo

La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!

Leggi anche

22 Settembre 2025
L’Italia si ferma in solidarietà con il popolo palestinese. Proclamato per la giornata di ogg…
22 Settembre 2025
L’errore strategico, effetto di una vera e propria mutazione genetica, che il Pd sta compiendo in…
19 Settembre 2025
La coesistenza nel governo di linee diverse di politica estera non è più una congettura maliziosa…
19 Settembre 2025
Il perché sia una riforma giusta, quella della separazione delle carriere, risiede nel banale buon…

Iscriviti alla newsletter de
La Ragione

Il meglio della settimana, scelto dalla redazione: articoli, video e podcast per rimanere sempre informato.

    LEGGI GRATIS La Ragione

    GUARDA i nostri video

    ASCOLTA i nostri podcast

    REGISTRATI / ACCEDI

    Exit mobile version