Piazzate, la manifestazione a Roma e il “problema” delle bandiere
| Politica
La manifestazione di oggi a Roma, organizzata dal Partito democratico, è finita per coincidere con le tensioni internazionali e cozzare sul “problema” delle bandiere da esporre
Piazzate, la manifestazione a Roma e il “problema” delle bandiere
La manifestazione di oggi a Roma, organizzata dal Partito democratico, è finita per coincidere con le tensioni internazionali e cozzare sul “problema” delle bandiere da esporre
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Piazzate, la manifestazione a Roma e il “problema” delle bandiere
La manifestazione di oggi a Roma, organizzata dal Partito democratico, è finita per coincidere con le tensioni internazionali e cozzare sul “problema” delle bandiere da esporre
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La manifestazione di oggi a Roma, organizzata dal Partito democratico e voluta per motivazioni politiche tutte interne, è finita per coincidere con le violentissime tensioni internazionali e cozzare sulle bandiere. Un tema bollente – quello delle bandiere da esporre – che già nei giorni immediatamente successivi l’attacco terroristico di Hamas a Israele del 7 ottobre divise istituzioni, amministrazioni comunali e piazze. Ricorderete la ‘disfida’ fra chi aveva ritenuto di esporre la bandiera israeliana, quella della pace o entrambe. Scelte vissute da subito come un puro riflesso di appartenenza politica e schieramento ideologico. Con il passare dei giorni, nelle manifestazioni pro-Palestina si sono purtroppo moltiplicati gli insostenibili episodi di sapore antisemita che hanno spinto i vertici del Pd a far suonare tutti gli allarmi a disposizione.
Intollerabile immaginare che nell’evento di Piazza del Popolo – a cui la leadership del partito affida tante delle chance di rilanciare la sua immagine – si assista al falò delle bandiere israeliane, ad Anne Frank in kefiah, a cartelloni e cori inneggianti alla ‘resistenza’ di Hamas. Di fronte al rischio di spettacoli del genere (tutti tratti dalle cronache di recentissime manifestazioni nel nostro Paese) non è rimasta altra scelta che lanciare il “contrordine compagni”: ammessa soltanto la bandiera della pace.
Pur facendo finta che il vessillo arcobaleno non abbia una valenza politica, il che apparirebbe francamente ridicolo di suo, colpisce la rinuncia ipocrita – appunto – a portare in piazza tutte le istanze che compongono il complicatissimo puzzle mediorientale. Ancor più nel momento in cui si sceglie di manifestare “per la pace”. La pace non può essere soltanto di una parte, quale essa sia: si dovesse affermare questa ipotesi, assisteremmo solo alla vittoria di qualcuno e alla sconfitta di qualcun altro.
Il tema (enorme) è che i vertici del Pd sanno perfettamente che la bandiera di Israele risulterebbe del tutto indigesta alla loro piazza. Non perché – dal segretario Schlein a scendere – qualcuno si sia lasciato andare a dichiarazioni anche solo imprudenti nei confronti dei terroristi di Hamas o del diritto all’autodifesa di Israele, ma perché il problema non sono i leader e quel che dicono ma una base che ha riscoperto istintivamente tutti i tic di una o due generazioni fa: gli israeliani brutti, sporchi e cattivi e i palestinesi vittime designate dei colonizzatori. Sic et simpliciter. Una banalizzazione che porta dritto alle bandiere bruciate e alle inqualificabili offese alla memoria. Elly Schlein e chiunque altro non ha alcuna presa sulla pancia di chi la pensa in questo modo, al massimo se ne può tenere a debita distanza marciando sulle uova. Per non finire sconfessato dalla ‘base’.
Una politica che rinuncia completamente al suo ruolo di interpretazione della realtà, per tacere della capacità di parlare e indicare una via alle ‘masse’ (esistono ancora? Ci permettiamo di dubitare). Un modo di intendere il proprio ruolo, per cui – terrorizzati da quello che potrebbe accadere in piazza – si riesuma il vecchio ‘servizio d’ordine’ e gli si dà… l’ordine di non far spuntare bandiere indigeste. Bella roba.
Ribadiamo e sottolineiamo come da parte dei vertici dem non siano state sbagliate una postura e una parola nel condannare senza appello i fatti del 7 ottobre, ma questo terrore per le bandiere – che poi è la bandiera dello Stato di Israele, cerchiamo di non essere ipocriti anche noi – non fa onore al più grande partito d’opposizione del Paese.
È anche una grande occasione persa, quella di superare la logica delle piazze contrapposte; un’opportunità che proprio una forza riformista dovrebbe saper cogliere e sentire come propria ragion d’essere politica. ‘Vietare’ le bandiere è soltanto un altro modo di illudersi di poter nascondere il problema o ignorarlo: esattamente la madre di tutti gli errori commessi da Benjamin Netanyahu con Hamas. Tanto per ricordare l’inestricabile complessità del problema.
di Fulvio Giuliani
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