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Venti di ritiro

La Russia è stata sconfitta dalla risolutezza delle nazioni occidentali che non si sono tirate indietro davanti alle minacce del Cremlino. Putin non è riuscito a mettere in crisi gli stati dell’occidente e della Nato che, al contrario, hanno trovato maggiore coesione e intesa.
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Venti di ritiro

La Russia è stata sconfitta dalla risolutezza delle nazioni occidentali che non si sono tirate indietro davanti alle minacce del Cremlino. Putin non è riuscito a mettere in crisi gli stati dell’occidente e della Nato che, al contrario, hanno trovato maggiore coesione e intesa.
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Venti di ritiro

La Russia è stata sconfitta dalla risolutezza delle nazioni occidentali che non si sono tirate indietro davanti alle minacce del Cremlino. Putin non è riuscito a mettere in crisi gli stati dell’occidente e della Nato che, al contrario, hanno trovato maggiore coesione e intesa.
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La Russia è stata sconfitta dalla risolutezza delle nazioni occidentali che non si sono tirate indietro davanti alle minacce del Cremlino. Putin non è riuscito a mettere in crisi gli stati dell’occidente e della Nato che, al contrario, hanno trovato maggiore coesione e intesa.
L’acquiescenza in politica estera non paga mai. È questo l’insegnamento che arriva dalla crisi ucraina fra Occidente e Russia ed è un insegnamento che i Paesi democratici non devono mai dimenticare. Anche in futuro. Perché – almeno per adesso – ce l’hanno fatta. Senza essere remissivi, ma anzi miscelando l’annuncio di una ferma risposta militare con quello di dure sanzioni economiche, gli Stati Uniti e i Paesi europei sono riusciti a sconfiggere politicamente Putin e la Russia. È vero, la crisi è stata e continua a essere una guerra anche di propagande – lo abbiamo scritto nei giorni scorsi e lo ribadiamo – ma la sostanza è quel che conta. E la sostanza dice che Putin, dal punto di vista politico e internazionale, ha incassato una sconfitta. Grattando sotto l’intonaco di quello che la Russia rivendicherà come un punto a proprio favore, il non ingresso dell’Ucraina nella Nato, rimane il fatto che Kiev sta con l’Occidente e queste settimane di tensioni sono la prova che per essere difesi e sostenuti nella propria libera sovranità nazionale non è necessario essere nella Nato. Quanto all’altro mantra sbandierato spesso e da più parti – la finlandizzazione dell’Ucraina (di recente l’ha citata in un’intervista anche l’ex ministro degli Esteri Franco Frattini) – è una bischerata perché quella soluzione politica per la Finlandia appartiene a un mondo che non esiste più. Il mondo dove c’era ancora l’Unione Sovietica. Tornando alla sostanza delle cose, la sconfitta di Putin sta nel fatto che assediando i confini ucraini sperava di mettere in crisi l’Occidente e la Nato (insomma i rapporti fra gli Stati Uniti e l’Europa) e di dividere gli stessi Paesi europei fra di loro. Questo non è accaduto e anzi – paradossalmente, come a volte capita nella storia delle vicende umane – si è creato l’effetto contrario: maggiori coesione e intesa. Il balletto di notizie andato in scena ieri sull’inizio di un ritiro di parte delle truppe russe, che il ministro degli Esteri russo Lavrov ha spiegato essere «un avvicendamento già previsto» e non dovuto «all’isteria occidentale» mentre la Nato avvisava con non c’era ancora nessuna de-escalation di Mosca, non è poi cosi interessante. La verità è che Putin, nella partita d’azzardo per indebolire il fronte occidentale, si è beccato un rinculo e adesso rischia di indebolirsi a sua volta. È difficile infatti non immaginare che una eventuale de-escalation sull’Ucraina avrà conseguenze sugli assetti interni della Russia stessa. Cosa ne penseranno, ad esempio, i generali più bellicosi di un ripiegamento? Vedremo. Di certo, da un punto di vista diplomatico, permettere a Putin la possibilità di tornare indietro con condizioni ragionevoli è cosa saggia da fare per l’Occidente. Una saggezza figlia anch’essa – si badi bene – della risolutezza che i Paesi democratici hanno mostrato in queste settimane e che in molti, troppi, hanno criticato ingiustamente. Del resto, quando si gioca sul confine guerra/pace, la critica come pure l’ironia son cose complicate e possono venir male. Come certe battute sull’eventuale invio di qualche centinaio di soldati italiani sul fronte orientale, nel caso di un precipitare della situazione. Oggi, nella riunione dei ministri della Difesa della Nato, se il rischio guerra tornasse a salire la richiesta di inviarli verrebbe avanzata anche all’Italia. Perché quando si fa parte di un’alleanza non ci si tira indietro salvo non volerne uscire. Il mondo è complicato, ma ha le sue regole. Semplici. Del resto se i russi sono ancora seduti con gli americani al tavolo per l’Iran, nonostante le tensioni durissime di questi mesi, qualcosa vorrà pur dire. Mai dire mai, soprattutto se il gioco è tra guerra e pace, con tutto quello che sta in mezzo. Come ripeteva Winston Churchill, a proposito della guerra, «non devi riuscire simpatico, devi soltanto avere ragione». Una faticaccia, coi tempi che corrono. di Massimiliano Lenzi

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