
Quel brusco risveglio delle periferie
Quel brusco risveglio delle periferie
Quel brusco risveglio delle periferie
«Periferia, dove vivere è un terno alla lotteria, dove un miracolo è un pane in più, un giorno in più, che strappi tu». Con queste parole Renato Zero, il re dei sorcini, cantava anni fa la periferia, quel mondo che vive ai margini e che tanto aveva affascinato lo scrittore Pier Paolo Pasolini.
Quest’ultimo scorgeva in quella gente, in quelle facce, la genuinità. Ma anche le periferie, con i decenni andati e con il nuovo Millennio, son cambiate e non sono più quelle di una volta. In queste ultime elezioni amministrative, ad esempio, l’astensione altissima registrata si è concentrata in buona parte nelle periferie. Avevano creduto, le persone che le abitano, ai pifferai del grillismo che promettevano miracoli. Miracoli non ce ne sono stati, le periferie non sono migliorate e pure i 5 Stelle oggi non se la passano tanto bene.
Un appunto, su queste mirabilie mancate, va fatto però anche alle persone che le periferie le abitano e che hanno abboccato al miracolo. Avere una vita difficile, non esser benestanti, combattere ogni giorno per lavorare e portare uno stipendio a casa infatti non vuol dire abdicare al principio di realtà. Purtroppo è accaduto.
In tanti, troppi, hanno creduto al miracolo grillino e oggi – mancati i miracoli – non credono più a nulla. Neppure al voto. Sbagliano. E la politica riformista e ragionevole dovrebbe andargli incontro, alle genti di periferia, per spiegare. Perché una democrazia dove i ceti meno colti e meno abbienti non votano rischia di restare una democrazia a metà.
di Jean Valjean
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Tag: Italia


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