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Referendum sia, sperando di non raggiungere il quorum

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Il selfie di Maurizio Landini per invitare a votare ai referendum del prossimo giugno è un significativo sintomo di come il lavoro sia un tema da accaparramento, ma senza svolgimento

Referendum sia, sperando di non raggiungere il quorum

Il selfie di Maurizio Landini per invitare a votare ai referendum del prossimo giugno è un significativo sintomo di come il lavoro sia un tema da accaparramento, ma senza svolgimento

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Referendum sia, sperando di non raggiungere il quorum

Il selfie di Maurizio Landini per invitare a votare ai referendum del prossimo giugno è un significativo sintomo di come il lavoro sia un tema da accaparramento, ma senza svolgimento

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Per unirsi ai festaioli il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, ha fatto comprare al suo sindacato una pagina sui giornali. Facendo risplendere una propria fotografia e ricordando che era il primo maggio e che ci saranno i referendum. Il selfie refendarolo è un significativo sintomo di come il lavoro sia un tema da accaparramento, ma senza svolgimento. Il governo, dal canto suo, sapeva quel che la ricorrenza avrebbe prodotto e s’è lanciato nella festante concorrenza. Al rituale concertone s’è sentita la musica e s’è commentato un appello per la liberazione della Palestina, che c’entra nulla e andrebbe liberata da Hamas. Tutto a ricordarci che il lavoro è stato dimenticato.

Le bandiere del governo sono state tre: a. si sono creati molti posti di lavoro; b. i salari reali aumentano; c. l’Italia cresce più di altri Paesi. Le tracce di realtà si perdono nel fumo della propaganda. Ci sono dati che sono positivi, ma che esagerandone la portata finiscono con il capovolgersi.

È vero che gli occupati sono cresciuti di numero, ma il valore aggiunto è basso e la partecipazione al lavoro rimane la più scarsa nell’Ue. I salari reali sono cresciuti negli ultimi mesi, ma avevano perso molto terreno. Oggi il potere d’acquisto medio di un salariato è il 26% più basso di quello di un collega tedesco e il 12% di uno francese. Nel primo trimestre del 2025, confrontato con l’ultimo del 2024, il Pil italiano è cresciuto dello 0,3%. Ma nell’area dell’euro è cresciuto dello 0,4% (in Ue di un pari 0,3%).

Forse Giorgetti voleva dire che siamo cresciuti più della Francia (+0,1%) e della Germania (+0,2%). Ma non si capisce a che serva e comunque, se anziché prendere il trimestre precedente si prende lo stesso di un anno prima, noi siamo cresciuti dello 0,6%; la Francia dello 0,8%; l’area dell’euro dell’1,2% e quella dell’Ue dell’1,4%. Attribuire la responsabilità del ritardo a questo governo sarebbe ottusamente propagandistico, ma assumersene il merito non è da meno. Ricordando che ci sarebbero in ballo i fondi europei, che se non ballassero non s’osa immaginare con che numeri avremmo a che fare.

Se a destra ci si benda per sbandierare, a sinistra ci si benda per farsi bandieruole. Nel 1985 la Cgil convocò un referendum per difendere il punto unico di contingenza, nel calcolo della scala mobile, e lo perse. Quarant’anni dopo sente il fascino del revival, che s’accinge a essere remortal. Allora il Pci di Berlinguer s’accodò nella sconfitta. Un quarantennio appresso il Pd di Schlein punta al virtuosismo e si batte per abrogare sé stesso. Vale a dire per abrogare leggi sul lavoro che furono proposte dal Pd e votate dai parlamentari che ancora siedono al loro posto. Roba circense.

Ragion per cui si raggiunge l’unità nazionale che accomuna le forze che oggi governano, il sindacato convocante con quello riluttante e i parlamentari che votarono le leggi contro cui si vota. Tutti festosamente speranzosi che non ci sia il quorum e i referendum siano cancellati. In questo modo gli abrogazionisti potranno dire che la maggioranza dei voti espressi sarà a loro favore. E i diserzionisti che la grande parte degli elettori avrà bocciato l’operazione. Peccato che questa sia la via più vile. Puntare sull’astensione, essendo una classe politica la cui autorevolezza è già minata dal crescere degli astenuti, ha un che di voluttà dissolutoria.

Feste, propagande, urne vuote, tutto pur di non svolgere il declamato tema del lavoro. Che richiede formazione, investimenti in ricerca e sviluppo, competizione. Chiamata al lavoro di legioni che ne sono escluse, sanificazione dell’evasione fiscale e contributiva. Quindi cancellazione delle rendite improduttive che asfissiano la crescita e si reggono in piedi mettendo il loro costo in conto ad altri contribuenti. E richiede di smetterla di promettere che si andrà in pensione prima, sotto sotto provando a mandarci tutti dopo. Ma è roba che richiede competenza e visione, mentre è così facile campare di contrapposizione, inventando dati e battiquorum.

Di Davide Giacalone

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