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Scalatori e politici: banche, non bancarelle

Di materia per interessare la politica alle banche ce n’è tanta, tanto più che quelle territoriali possono tirare avanti a termine, mentre i grandi protagonisti saranno europei o non saranno

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Scalatori e politici: banche, non bancarelle

Di materia per interessare la politica alle banche ce n’è tanta, tanto più che quelle territoriali possono tirare avanti a termine, mentre i grandi protagonisti saranno europei o non saranno

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Scalatori e politici: banche, non bancarelle

Di materia per interessare la politica alle banche ce n’è tanta, tanto più che quelle territoriali possono tirare avanti a termine, mentre i grandi protagonisti saranno europei o non saranno

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Di materia per interessare la politica alle banche ce n’è tanta, tanto più che quelle territoriali possono tirare avanti a termine, mentre i grandi protagonisti saranno europei o non saranno

Con una buona disposizione d’animo se ne può cogliere il lato divertente, con taluni governanti che hanno sguainato lo sciabolone per difendere l’italiano Banco Bpm dalle brame dello straniero UniCredit, salvo poi guardare con benevolenza alla crescita di Crédit Agricole (azionista anche di UniCredit) nell’azionariato del Banco. Ergo lo straniero UniCredit ha come primo azionista il fondo statunitense BlackRock (al 7,01%), mentre l’italiano Banco ha come primi azionisti i francesi del Crédit (passati dal 5,2 al 15,1% e in viaggio verso il 19%), che hanno così scalzato la posizione di testa di BlackRock (che aveva e ha il 5,24%). Se siano in concorrenza o accordo fra di loro, lo vedremo. E siccome quel che premeva di più ai governanti sciabolanti – in testa la Lega di Salvini – è il fondersi del Banco con il Monte dei Paschi di Siena, ne deriva che anche quello finirebbe ai francesi, così dando vita al troisième pôle.

Né issare lo stendardo della golden share sembra intimorire alcuno. Intanto perché c’è chi, nel governo, è contrario e poi perché sarebbe contrario il diritto e contraddittoria la motivazione: quale italianità ci sarebbe, da difendere? Senza contare che per riuscire a far calare e magari cancellare il capitale pubblico in Mps si finirebbe con l’introdurlo in Banco Bpm. Di che incuriosire gli studiosi, ma non di finanza. Queste cose si risolvono nel mercato economico e non in quello politico. Il compito pubblico è assicurare la trasparenza e il rispetto delle regole. Ciò non toglie che è tema politico il chiedersi il perché le banche radicate in Italia abbiano così scarso capitale italiano.

Per potere avere azionariato diffuso e popolare si devono avere capitali che rispondano a quelle caratteristiche. Nel mondo anglosassone i grandi protagonisti sono i fondi pensione, che investono i quattrini – differenziando il rischio – per salvaguardare il patrimonio che serve e servirà a pagare le pensioni. Da noi quei fondi sono rachitici e la liquidità è assorbita da soggetti pubblici che, per pagare le prestazioni, abbisognano anche della spesa pubblica. Neanche gli accantonamenti per le liquidazioni si vuole consegnarli al mercato, avendo fatto sapere l’Inps che senza (anche) quelli va in crisi. Con i salari che rimangono fermi e l’inflazione che li erode, pensare che si possano accumulare patrimoni con la previdenza integrativa è mera illusione. Infatti è rimasta al palo. Senza lalleri non si lallera ed ecco perché quegli azionisti mancano all’appello.

Le ricche fondazioni bancarie potrebbero (almeno in parte) sopperire, ma la legge pone un limite alla strutturazione del loro portafoglio e la cosa paradossale è che quel limite si può superarlo anche senza comprare altre azioni, semplicemente con l’aumento del valore di quelle che si posseggono. Il risultato è che, se le cose vanno bene, le si induce a vendere. Che è pur sempre il contrario di comprare.

In quanto alle banche popolari, l’averle trasformate in società per azioni (bene) ha fatto perdere il controllo per teste e non ha fatto scattare quello per capitali, fra le altre per le ragioni di cui sopra. Si considerò «foresta pietrificata» il mercato bancario italiano, ma si è supposto di trasformarne la natura irrigandola. Cosa che ha bagnato le pietre, non fatto crescere le piante. Così sono arrivati i capitali da fuori. Che sono pure benedetti, non essendolo il fatto che non se ne siano generati di italiani. La quale Italia è produttrice grandiosa di risparmi, ma ne produciamo così tanti – e li tassiamo così tanto – che li esportiamo investendoli all’estero, mentre dall’estero arrivano capitali attirati dal potere gestire quella montagna di risparmi.

Di materia per interessare la politica alle banche ce n’è tanta, come si vede, tanto più che quelle territoriali possono tirare avanti a termine, mentre i grandi protagonisti saranno europei o non saranno. Ma a tanti politici piace il trastullo di questo o quell’interesse bancario, legato al mutuo e al prestito da non fare rientrare, denotando una naturale vocazione alle bancarelle.

di Davide Giacalone

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