SConsiglio: Meloni e l’occasione difficilmente ripetibile
Il governo Meloni in Italia vive nell’assoluta consapevolezza di non rischiar nulla e in Europa ha davanti a sé un’occasione difficilmente ripetibile
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SConsiglio: Meloni e l’occasione difficilmente ripetibile
Il governo Meloni in Italia vive nell’assoluta consapevolezza di non rischiar nulla e in Europa ha davanti a sé un’occasione difficilmente ripetibile
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SConsiglio: Meloni e l’occasione difficilmente ripetibile
Il governo Meloni in Italia vive nell’assoluta consapevolezza di non rischiar nulla e in Europa ha davanti a sé un’occasione difficilmente ripetibile
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Il governo Meloni in Italia vive nell’assoluta consapevolezza di non rischiar nulla e in Europa ha davanti a sé un’occasione difficilmente ripetibile
Una canzone di successo dei Righeira cantava la fine dell’estate e le malinconie tipiche degli ultimi giorni di vacanza, quando i primi temporali estivi (oggi abbiamo a che fare con le tempeste, ma questo è un altro discorso) annunciavano il ritorno alla ‘normalità’. Nell’estate che sta finendo di sicuro si è persa qualche buona occasione per affrontare dei capitoli che avrebbero fatto comodo all’intero Paese. Per esempio, avremmo potuto metter mano – anche nel turismo – alla concorrenza di cui abbiamo così tanto bisogno. Questa è storia (comunque istruttiva), mentre il governo è tornato a riunirsi dopo le settimane di ferie in cui ogni leader della maggioranza ha un po’ giocato la sua partita. Anche questo fa molto estate e non è una specialità di quest’anno né tantomeno di questa maggioranza.
Rilevante differenza, rispetto ad altri governi di coalizione scossi nei mesi estivi da intemperanze varie – gli esecutivi Conte I e Draghi collassarono fra luglio e agosto – il governo Meloni vive nell’assoluta consapevolezza di non rischiar nulla. Persino volendolo. L’inconsistenza delle opposizioni e anche l’enorme divario fra le stesse forze della coalizione escludono alla radice qualsiasi rischio politico concreto. Certo, la prossima primavera avremo le elezioni europee – che con il loro proporzionale secco minacciano di contare in modo spietato forze e differenze – ma nulla che un governo che voglia governare possa considerare un ostacolo insormontabile.
A ben vedere, se ripuliamo il dibattito dalle tensioni vere o presunte nella maggioranza, dalle differenti rendite di posizione da tutelare e dalla voglia di marcare il territorio, la presidente del Consiglio ha davanti a sé un’occasione difficilmente ripetibile. Le condizioni politiche italiane le abbiamo appena esposte, mentre l’Unione europea si appresta ad affrontare quel dibattito che più volte negli ultimi mesi abbiamo indicato come decisivo per il futuro comunitario a medio termine: la revisione del Patto di stabilità, l’insieme delle regole di bilancio che gli Stati membri dovranno darsi. L’occasione irripetibile o quasi non è quella di formare un fronte dei Paesi del Sud – come apparirebbe dalle indicazioni delle ultime settimane – interessati ad avere quanto meno rigidità possibile. Piuttosto saper ‘approfittare’ della debolezza contingente della Germania (in recessione economica e dalla guida politica ben meno salda rispetto all’era Merkel) e dell’assenza dalla scena dell’Olanda senza governo per farsi promotori di un’idea d’Europa e d’Italia dall’orizzonte profondo. Di mettersi alla testa di un confronto – serrato e duro quanto si voglia – ma non con l’obiettivo di poter salvare qualche decimale di deficit in più. Proprio la dimensione della sfida, insieme alla portata di problemi epocali come le migrazioni, impongono di puntare molto più in alto. Non basta ripetere la cantilena “dell’Europa che deve fare la sua parte” davanti al boom di sbarchi sulle nostre coste. Vanno fatte proposte coraggiose e utili ai nostri interessi nazionali, ma capaci di considerare l’esistenza delle altre opinioni pubbliche. Altrimenti continueremo a usare “l’Europa” come comoda scusa per non far nulla. Vale per i migranti come per le sfide economiche.
Giorgia Meloni può mettere a gestire Fratelli d’Italia chi vuole, senza che la cosa importi più di tanto a Parigi, Berlino o Bruxelles. La leva da sfruttare, da parte della nostra presidente del Consiglio, è l’accresciuta credibilità internazionale conquistata mantenendo l’Italia rigidamente ancorata alle posizioni atlantiste in politica estera e costruendo un’immagine affidabile e rassicurante. Unita all’oggettiva forza politica interna di cui si è scritto – impossibile da mettere in discussione, a meno di non coltivare istinti autolesionisti – può consentire passi ben più ambiziosi di quelli di cui leggiamo in queste ore.
di Fulvio Giuliani
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