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Seta e baco, avere a che fare con la Cina

Per avere utilmente a che fare con la Cina non si deve partire appesantiti dai luoghi comuni e dai preconcetti

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Seta e baco, avere a che fare con la Cina

Per avere utilmente a che fare con la Cina non si deve partire appesantiti dai luoghi comuni e dai preconcetti

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Seta e baco, avere a che fare con la Cina

Per avere utilmente a che fare con la Cina non si deve partire appesantiti dai luoghi comuni e dai preconcetti

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Per avere utilmente a che fare con la Cina non si deve partire appesantiti dai luoghi comuni e dai preconcetti

Per avere utilmente a che fare con la Cina non si deve partire appesantiti dai luoghi comuni e dai preconcetti. Che siano negativi o positivi. La Via della Seta fu un errore (governo 5 Stelle-Lega), perché cedeva alla Cina sul piano dell’influenza politica. Tenere il filo setoso dei rapporti diplomatici e commerciali è nel nostro e nel loro interesse. La presidente del Consiglio, ora in Cina, non troverà nessuno che vorrà rimproverarle l’uscita dall’accordo sulla Via della Seta (nel quale rimane l’Ungheria di Orbán). Faranno come se nulla fosse successo. Quello cinese è un impero millenario, con l’eternità innanzi. Il loro nome è “La terra di mezzo”, della serie: siamo il centro del mondo. Se ti presenti come rappresentante di un governo o di un’azienda vivi solo lo spazio di una visita, se ti presenti come esponente di un mondo – e noi lo siamo – avrai un peso. In Cina la storia non ti lascia mai solo, neanche quando parli con chi non la conosce.

La Cina è stata ricorrentemente e a lungo terra di innovazione tecnologica. La sua cantieristica navale era la migliore, per dirne una. Nella sua storia vi sono tracce di pulsioni autodistruttive, sicché la Cina emersa dal lungo dominio di Mao era arretrata e affamata. L’Italia è terra di tantissime aziende che contengono innovazioni tecnologiche e di prodotto e di grandi aziende leader del loro settore. La nostra cantieristica navale è fra le migliori, per dirne una. Per un lungo tratto loro sono stati interessati alla nostra tecnologia, noi al loro enorme mercato e all’economicità della produzione. Quella stagione continua ma in modo assai ridotto, perché la Cina è tecnologicamente cresciuta.

Resta un mercato gigantesco (il secondo, dopo gli Stati Uniti, per le nostre esportazioni fuori dall’Ue) affamato di prodotti italiani. Loro sono invece produttori di merci con basso costo di produzione, quindi con basso prezzo finale, che hanno invaso il nostro mercato. È capitato però anche perché per noi è conveniente e, se è vero che ha portato a qualche delocalizzazione della produzione, è anche vero che quelle merci hanno offerto maggiore capacità d’acquisto a redditi bassi. L’invasione ci è convenuta e abbiamo tutti comprato pagando meno.

Questi legami resteranno, in un senso e nell’altro, perché convenienti. Raccontare che la Cina è solo un concorrente sleale significa scambiare un elemento per il tutto. Mettere dei dazi per compensare i loro aiuti di Stato ai produttori di auto elettriche, ad esempio, aiuta la tutela dei nostri produttori ma non risolve nulla e costringe il nostro consumatore a perdere un’opportunità. I punti decisivi sono la ricerca e l’innovazione tecnologica: noi dobbiamo mantenerne la leadership, come loro manterranno il vantaggio delle economie di scala. Ma se contrasto queste ultime per allungare la vita di aziende che comunque non potranno continuare a produrre quella roba e in quel modo, non mi sto proteggendo: mi sto impoverendo. A vantaggio di quello che intendo colpire.

La Cina è stata ed è un impero. Pieno di grandi problemi interni – non ultimo quello razziale – e colmo di falle, a cominciare dalle bolle gonfiate da una spesa pubblica disfunzionale. Ma resta un impero e quegli elementi di debolezza diventano ragioni di arroganza e declamata aggressività. Nessuno dei Paesi europei ha la dimensione – per popolazione, economia, peso politico e militare – per sedere al tavolo politico dell’impero cinese. Se lo facesse, il baco della presunzione o dell’illusione filerebbe la corda con cui impiccarsi. I nostri soggetti politici sono due: l’Unione europea e gli Usa. Sul piano militare oggi c’è soltanto il secondo.

Da noi partì Marco Polo, ma l’italiano da emulare è Matteo Ricci – per loro Lì Madòu (1552-1610) – che seppe farsi mandarino per evangelizzarli. Attenzione a non farsi abbagliare dalla setosa morbidezza della cortesia cinese, dimenticando che il filo di seta può decapitare. Tanto più che ora, per la prima volta nella storia, hanno ridotto a vassallo l’impero russo.

di Davide Giacalone

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