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Meloni e sindacati

Sindacati fuori dal tempo

Primo maggio, festa dei lavoratori: neanche l’incontro e le iniziative della Meloni hanno sedato gli animi dei sindacati, fuori dal tempo
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I sindacati si sono “offesi“ per la convocazione del Consiglio dei ministri oggi, 1’ maggio. Se la presidente Giorgia Meloni sperava di avvicinarli un po’ al suo governo, con un decreto interamente dedicato alle misure per facilitare l’ingresso nel mondo del lavoro in particolar modo dei più giovani, ha mancato clamorosamente il bersaglio. Non per colpa sua.

Per i leader di Cgil, Cisl e Uil e Landini in particolare c’è un doppio problema: di immagine, perché la convocazione del governo nel giorno della festa dei lavoratori toglie inevitabilmente un po’ di luce alle manifestazioni sindacali e al fondamentale Concertone di Roma, spostando i riflettori su Palazzo Chigi (altro che moraleggianti riflessioni sull’inopportunità di lavorare il 1’ maggio, come se non si potesse “santificare“ la festa al lavoro. Una sciocchezza che è il riflesso di una mentalità).
Di sostanza, perché la presidente del Consiglio si è limitata a esporre le proprie idee e i contenuti del decreto, senza apparecchiare i soliti e mitici “tavoli“, che continuano ad essere un riflesso condizionato dell’attività sindacale.

Pur escludendo che il decreto di oggi possa rivoluzionare il mercato del lavoro, essendo composto da un insieme di tanti interventi – più o meno efficaci sulla carta – dovrebbe risultare impossibile ai sindacati dirsi contrari a misure volte ad alleggerire il peso contributivo delle assunzioni dei giovani e a fare un piccolo sforzo sul cuneo fiscale dei contratti meno pesanti economicamente.
Si fa quel che si può, per farla breve, nei limitatissimi spazi di manovra concessi dai nostri conti pubblici e ben sapendo che nessun governo di nessun colore potrebbe fare molto di diverso. A meno di voler affrontare nodi politicamente autolesionisti, a cominciare dagli oggettivi vantaggi e privilegi di quelle categorie di lavoratori che poi si mostrano contriti e disperati per le poche possibilità offerte ai propri figli.

Purtroppo, i sindacati sembrano ormai definitivamente avvitati su se stessi, da un lato consapevoli di rappresentare solo i lavoratori in età più avanzata, i pensionati e un mondo che non c’è più, dall’altro nostalgicamente affezionati a un ruolo politico e di naturale opposizione che li porta a ripetere istintivamente gesti e parole. Oggi si scambieranno pacche sulle spalle e sguardi complici nella manifestazione nazionale di Potenza e sul palco del Concertone di Roma, urleranno alla vergogna del precariato perfettamente consapevoli di essere corresponsabili di quella che considerano una vergogna nazionale.

Continueranno a narrare una realtà andata e a sognarne un’altra non ben precisata guardandosi indietro, felici di avere un governo non dei “loro” (chi sarebbero poi, oggi, questi “loro”?). In fin dei conti, è molto più facile così. Anche inutile, ma intanto c’è il Concertone.

di Fulvio Giuliani

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