Tre punti imprescindibili per una pace internazionale
Tre punti imprescindibili per una pace internazionale
Tre punti imprescindibili per una pace internazionale
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky non parla e non viaggia per tenere normali rapporti fra Stati. La sua è una condizione molto particolare: guida il Paese che sta combattendo contro un’aggressione, utilizzando le nostre armi. Ma la sua condizione ha anche un altro aspetto: guida un popolo che sta dando il suo sangue per evitare che per difendere i nostri interessi e il nostro ordine internazionale si debba versare il nostro. Per questo è stata avviata la procedura accelerata d’ingresso dell’Ucraina nell’Unione europea, affinché si tratti di armi e di sangue fra concittadini.
Ma c’è ancora un altro aspetto che caratterizza le numerose visite dei governanti europei in Ucraina e questa di Zelensky in Italia e in altri Paesi dell’Ue: l’aggressione russa ha creato un collante schiettamente politico fra europei, dando all’Unione un ruolo e un peso internazionali che non aveva. E ha creato un discrimine che non assorbe le altre – numerose e positive – differenze politiche fra partiti e culture europee, ma le sovrasta: il sostegno all’Ucraina è il comune denominatore di tutte le forze che non si sono allineate ai desideri dell’invasore russo. E questo cambia la storia.
Il maggior sostegno agli ucraini è giunto e giungerà dagli Stati Uniti. Anche in questo la scelta di Putin è stata suicida, visto che venivamo da anni in cui l’Atlantico s’era allargato. Ma la scelta immediata di tutte le democrazie occidentali, di non offrire alcuno spiraglio alle divisioni, è quella che ha segnato la sconfitta militare e politica della Russia. Non oggi, ma il giorno dopo la criminale invasione. Putin ha investito soldi e influenze sulle nostre divisioni, ma ha perso la scommessa e a dividersi è il suo mondo. Posto ciò, che non è affatto poco, ci sono tre cose che sappiamo fin dall’inizio. Tre cose imprescindibili per una pace che stabilizzi l’ordine internazionale.
- La partita non si gioca sul campo di battaglia. Su quello la carneficina può andare avanti ancora a lungo. Gli aiuti occidentali servono proprio a evitare che la supremazia bellica e numerica della Russia si traduca nella sua vittoria. Nel corso della guerra, inoltre, abbiamo imparato che militari e mercenari russi non difettano in ferocia, non lesinano crimini, ma sono l’opposto di un’armata invincibile, tarlati dalla corruzione e compensanti l’impreparazione con la strage dei loro giovani. La pace, comunque, non arriverà dalle trincee.
- È rilevante il ruolo cinese. Su quel fronte l’iniziativa di pace è stata europea, cosa di cui va reso merito al presidente francese Emanuel Macron e alla non irrilevante e contemporanea iniziativa della Commissione europea, con Ursula von der Leyen. La Cina, dal canto suo, coglie due opportunità: usa il suicidio di Putin per nuocere all’Occidente e incassa da quel suicidio influenza asiatica, che si espande. Quindi la Cina non è in ritardo, ma sincrona ai propri interessi. Il ruolo delle nostre diplomazie è chiarire i limiti di quell’imperiale ambizione. Quando sarà messa a fuoco, la pace sarà vicina e tutto si potrà negoziare.
- Ma questo porta alla terza evidenza: la Russia ne uscirà politicamente distrutta e militarmente umiliata. Il pericolo è che il sapore della fine inneschi il desiderio di distruzione atomica, ma non lo si contiene cedendo. In quel modo lo si incentiva. Ciò significa che, finita questa storia, toccherà a noi occidentali difendere gli interessi e l’identità dei russi, altrimenti destinati al vassallaggio cinese. Cosa che è contro i nostri interessi e contro l’equilibrio dell’intera area. Il russofobo è Putin.
Zelensky, che oggi arriva a Roma, non è quindi un ospite straniero da onorare ma un pezzo della nostra storia e del nostro futuro, che abbiamo il dovere e l’onere di difendere. In quanto al rifiuto della guerra, che anima anime per niente belle: lo dicano a chi l’ha scatenata. Far vincere l’aggressore non porta alla pace ma alla peggiore delle guerre. Pacifisti siamo noi, che ci sentiamo ucraini.
di Davide Giacalone
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche