Le tre strade di Giorgia Meloni
Le tre strade di Giorgia Meloni
Le tre strade di Giorgia Meloni
Ma anche questo conta poco, perché lo scopo di quelle parole è far capire agli interlocutori esterni all’Italia che o il garante della nostra collocazione internazionale lo fa lui, Berlusconi, o non fidatevi di Meloni (che, osserviamo, tiene il punto e si difende bene), perché tanto la metto in crisi quando voglio. Il messaggio è chiaro. E il tema scelto, l’Ucraina, segna un punto non mediale e di non ritorno, tanto da mettere in dubbio la permanenza del Partito Popolare Europeo.
Il risultato di tale azione è che per fronteggiare il fronte berlusconiano il futuro presidente del Consiglio lascia sguarnito il fronte Lega. O, se preferite, Salvini scelto come miglior alleato. Il quale s’è bruciato le terga, con i russi. Una cosa è che parli Fontana, ripetendo la sciocchezza secondo la quale le sanzioni danneggiano più noi che la Russia, altro che Lega prende la patente di filiale russa. Quindi giocherà sul campo delle pensioni (da regalare) e degli aiuti (da elargire). Nessuno potrà dirgli che è una novità, perché 30 miliardi di maggiori debiti li chiedeva anche in campagna elettorale. Se Meloni dovesse accadere a questa dottrina (che rifiutava) pur di reggere il fronte berlusconiano, il governo sarebbe cotto dopo un mese, in occasione della legge di bilancio. Senza contare gli sghignazzi globali per avere usato i putinofili per arginare il pulitissimo.
Quindi Meloni ha tre possibilità. La prima consiste nell’attenersi all’articolo 92 della Costituzione, approfittando del potere che le consegna: riceve l’incarico, porta al Colle una lista che ritiene migliore, giurano e vanno in Parlamento. Se gli altri del centrodestra, oramai destrizzato, hanno da ridire, lo facciano ora o si tolgano da torno.
La seconda prevede che al Colle vada non con la lista migliore ma con quella più conveniente, cedendo più ai leghisti che ai forzaitalioti, sicché indebolendosi notevolmente e affrontando la navigazione parlamentare senza scialuppe di salvataggio. Modello elezione di La Russa.
La terza è far saltare il banco e puntare alle elezioni a marzo, con il Quirinale che, nel frattempo, potrebbe affidare il governo a Daniele Franco, per la legge di
bilancio.
In tutti e tre i casi l’Italia si trova pericolosamente esposta sul fianco della politica estera e su quella della politica di bilancio. Due punti nevralgici e deboli. Tutto questo per aver voluto negare la fraudolenta falsità delle due coalizioni. Con quella destra che mostra al sole le sue profondissime divisioni e quella sinistra divenuta superflua, ma il cui silenzio tombale – non a caso rotto da sussulti (sbagliati) sulle foto dei defunti – ne descrive adeguatamente la condizione. Molti italiani dicono: abbiamo votato. Certo, ma dei falsi. E si vede.
Attenzione pero, perché peso internazionale, sicurezza, argine alle speculazioni e crescita delle esportazioni si tengono fra loro. E incidono sulle tasche e sul futuro.
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