Trump e la lingua dei bulli
Per trattare con il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump bisogna rispondere con la faccia feroce alla faccia feroce, con i muscoli ai muscoli, con le minacce alle minacce. Non c’è alternativa

Trump e la lingua dei bulli
Per trattare con il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump bisogna rispondere con la faccia feroce alla faccia feroce, con i muscoli ai muscoli, con le minacce alle minacce. Non c’è alternativa
Trump e la lingua dei bulli
Per trattare con il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump bisogna rispondere con la faccia feroce alla faccia feroce, con i muscoli ai muscoli, con le minacce alle minacce. Non c’è alternativa
Basta l’analisi delle ultime quarantott’ore. Per trattare con il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, in modo particolare nella sua versione “secondo mandato”, non c’è alternativa a rispondere con la faccia feroce alla faccia feroce. Con i muscoli ai muscoli. Con le minacce alle minacce.
Come rapportarsi a un uomo come Donald Trump, a una psicologia come la sua?
La (dura) risposta dei canadesi a Trump
Una risposta ce l’hanno data i canadesi, che nel nostro immaginario sono sempre stati associati – con ottime ragioni – a una visione serena, pacifica e costruttiva dei rapporti internazionali. Eppure l’ormai ex premier Justin Trudeau e il suo successore Mark Carney non hanno mancato di rispondere con una durezza imprevista (dalla Casa Bianca) alla guerra commerciale scatenata dal presidente statunitense.
Sia nelle parole – ferme e all’occorrenza taglienti – sia nel linguaggio del corpo. Nessuno dal Canada ha mostrato di voler cedere alle smargiassate di Trump o di far finta di non notare la sconcertante mancanza di rispetto nei confronti del Primo Ministro di Ottawa. Declassato a “governatore” da The Donald.
Il chiarissimo intento di alludere a un’eventuale annessione del Canada come 51º Stato dell’Unione è stato ripetutamente rispedito al mittente.
Ancora più duro di Trudeau è apparso Doug Ford. Il governatore dello Stato dell’Ontario, il più popoloso del Canada, non ha esitato a applicare un pesante dazio del 25% sull’energia elettrica. Venduta a tre Stati confinanti americani, Minnesota, Michigan e New York. Trump, dopo aver minacciato l’inferno, ha finito per riconsiderare i suoi apocalittici annunci di dazi al 50% sull’acciaio canadese e la volontà di distruggere l’industria automobilistica del vicino rimangiandosi tutto in 6 ore. A quel punto, saggiamente, anche dal Canada hanno cominciato ad abbassare i toni.
Il caso Zelensky
Il caso Zelensky alla Casa Bianca è stato sviscerato in ogni sua possibile forma. E, a dispetto dell’umiliazione per certi aspetti feroce subita, il presidente ucraino ha tenuto botta. A Gedda, Donald Trump – attraverso il suo segretario di Stato Marco Rubio intenzionato a venir fuori dall’ombra proiettata da Elon Musk – ha cancellato l’impostazione che voleva la Russia al tavolo. E Kiev fuori dalla porta.
Chi fa finta di non vederlo è intellettualmente disonesto o semplicemente agli ordini di Mosca.
La Commissione europea e i dazi di Trump
Nelle ultime ore, poi, è toccato alla Commissione europea reagire per le rime ai dazi trumpiani, varando una “risposta dura”.
La guerra commerciale è una sciagura. Una scelta folle, antistorica, perdente per tutti e su tutti i fronti. Ma è un uomo ad averne fatta arma di propaganda politica e strategia della sua amministrazione. Lo fa con atteggiamenti da bullo e i bulli conoscono una sola lingua, la loro.
di Fulvio Giuliani
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Tag: Trump
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