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Alla ricerca dell’adulto perduto a fare il ragazzo

Se gli adulti rinunciano al loro ruolo, perché privi degli strumenti culturali necessari a offrire una visione ai ragazzi, tutto si riduce a casi pompati per un paio di giorni da media e social

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Alla ricerca dell’adulto perduto a fare il ragazzo

Se gli adulti rinunciano al loro ruolo, perché privi degli strumenti culturali necessari a offrire una visione ai ragazzi, tutto si riduce a casi pompati per un paio di giorni da media e social

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Alla ricerca dell’adulto perduto a fare il ragazzo

Se gli adulti rinunciano al loro ruolo, perché privi degli strumenti culturali necessari a offrire una visione ai ragazzi, tutto si riduce a casi pompati per un paio di giorni da media e social

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Se gli adulti rinunciano al loro ruolo, perché privi degli strumenti culturali necessari a offrire una visione ai ragazzi, tutto si riduce a casi pompati per un paio di giorni da media e social

Vorremmo tanto poter guardare negli occhi le ragazze e ragazzi non solo del Liceo scientifico “Righi” di Roma ma di decine e decine di scuole e classi in cui – grazie al cielo! – si discute e ci si confronta sui sacrosanti salti generazionali. Litigando su mode, costumi e abitudini che evolvono, lasciando sul campo inevitabili frizioni e confronti. Perché è sempre stato così e così continuerà a essere nell’infinito circle of life. Guardarli negli occhi, per raccontare loro tutto ciò che colpevolmente noi adulti abbiamo smesso di studiare e approfondire, finendo per restare senza argomenti, quando un ragazzo ci urla in faccia tutta la sua voglia di distinguersi e sottolineare le differenze con il mondo dei grandi. Solo che spesso questi ‘grandi’ passano buona parte del loro tempo a scimmiottare i figli, negli atteggiamenti, nel modo di vestire e comportarsi. Inseguendo un giovanilismo un po’ patetico, che finisce per farli apparire non tanto più freschi, ma più fessi. Vorremmo raccontare ai nostri ragazzi che se loro oggi danno per acquisite e scontate certe libertà lo devono a chi ebbe in sorte di combattere battaglie vere. Quando non si trattava di affermare il diritto a mostrare un ombelico scoperto (capirai, c’era arrivata Raffaella Carrà cinquant’anni fa) o di un balletto più ingenuo che provocante da pubblicare sui social. Ci fu un tempo, cari ragazzi, in cui si trattò di scardinare un’intera idea di società.

Accadde, quando “emancipazione” faceva rima con un futuro diverso da assicurare in special modo alle ragazze, da sottrarre al giogo della caccia al marito, pur di liberarsi dell’autorità paterna. Quando “rivoluzione sessuale” significava poter urlare in pubblico, per la prima volta in quasi duemila anni di storia, il diritto al piacere fine a sé stesso anche per lei. Quando significò combattere battaglie epocali per trasformare la società italiana in quel mondo che i nostri figli danno per pacifico e indiscutibile. Sarebbe bello far vedere loro quanto ciò che considerano provocante e fuori schema oggi sia stato fatto – e al cubo – fra cinquanta e sessant’anni fa.

Certo, non c’erano i social per condividerlo in tempo reale, ma il sesso libero di Woodstock o della Summer of Love è arrivato fino a noi, mentre un balletto su TikTok dura lo spazio di uno swipe. Il punto, alla fine, resta lo stesso che abbiamo più volte sottolineato, scrivendo di esame di Maturità e formazione. Se gli adulti rinunciano al loro ruolo, perché privi degli strumenti culturali necessari a offrire una visione ai ragazzi, tutto si riduce a casi pompati per un paio di giorni da media e social. Rumore che svanisce invariabilmente senza lasciare traccia. Piuttosto, sfidiamoli a conoscere e capire e, se ne saranno capaci, a fare meglio di quelle ragazze e quei ragazzi che gli hanno regalato il loro mondo. di Fulvio Giuliani 

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