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Balle ai giovani

Dobbiamo imparare a dire la verità ai nostri ragazzi. Continuare a riempirli di bugie ed illusioni sul loro futuro è l’equivalente di rubarglielo senza possibilità di rimediare.
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Balle ai giovani

Dobbiamo imparare a dire la verità ai nostri ragazzi. Continuare a riempirli di bugie ed illusioni sul loro futuro è l’equivalente di rubarglielo senza possibilità di rimediare.
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Balle ai giovani

Dobbiamo imparare a dire la verità ai nostri ragazzi. Continuare a riempirli di bugie ed illusioni sul loro futuro è l’equivalente di rubarglielo senza possibilità di rimediare.
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Dobbiamo imparare a dire la verità ai nostri ragazzi. Continuare a riempirli di bugie ed illusioni sul loro futuro è l’equivalente di rubarglielo senza possibilità di rimediare.
Ai nostri ragazzi dobbiamo imparare a dire la verità. Sembra paradossale scriverlo, considerato che dovrebbe essere il mondo degli adulti a preoccuparsi della naturale tendenza dei più giovani a cedere a qualche innocente distorsione della realtà o alle bugie bianche. Da tempo, però, abbiamo in parte abdicato al nostro ruolo di educatori, limitandoci ad assecondare i figli. Sarà che ormai ne mettiamo al mondo così pochi da aver sviluppato un inconsapevole senso di colpa, sta di fatto che continuiamo a propinar loro un bel po’ di balle. Prendiamo l’esame di Maturità, prova risibile dati alla mano (vengono promossi tutti, tanto che si avrebbe voglia di conoscere chi riesca nell’impresa di farsi bocciare), eppure oggetto di un interesse ossessivo da parte della politica e dei ministri competenti. Non più tardi di quarantott’ore fa le ennesime novità, con il ritorno a due sole prove scritte e l’introduzione di un ‘colloquio’, nella prima parte della prova orale. Un dialogo incentrato su educazione civica e alternanza scuola-lavoro. Torneremo su questo tema, perché centrale e di stretta attualità. Nel mentre, ci spendiamo per un esame che non ha alcuna utilità nell’inserimento dei ragazzi nel mondo del lavoro. Qualcuno obietterà che la Maturità non debba avere questa funzione, ma il ‘vizio’ continua all’Università. Ancora oggi, spesso avulsa dal mondo delle aziende e delle professioni. Una mancanza ingiustificabile. Ed eccoci all’alternanza scuola-lavoro, in questi giorni tornata sotto i riflettori nel modo peggiore possibile. Il tragico e fatale incidente, in cui uno studente all’ultimo giorno di stage in azienda ha perso la vita, è un evento di tale gravità da essere inconcepibile e la cui dinamica va compresa sino ai minimi particolari. Lo si deve alla memoria della vittima, ai suoi genitori, alla famiglia, ma anche all’intera comunità che ne era responsabile. Siamo alle fasi preliminari dell’inchiesta, la prudenza è obbligo irrinunciabile e questa non è la sede per andare oltre. A noi compete, invece, analizzare quanto accaduto in piazza, durante le manifestazioni organizzate in memoria del ragazzo e per chiedere (ci mancherebbe altro) il massimo rispetto delle norme di sicurezza e salvaguardia sui posti di lavoro. Due gli aspetti gravi da sottolineare. Cominciamo dalla fine, per non incorrere in fraintendimenti: le manganellate sui dimostranti sono un palese fallimento della gestione dell’ordine pubblico in piazza. Il principio di gradualità nella risposta agli atti provocatori di una parte dei manifestanti – le forze dell’ordine sono finite sotto un fitto lancio di uova e oggetti vari – non sembra essere stato applicato. È un concetto cardine, per fare in modo che la violenza venga contenuta. Fine ultimo di chi ha a che fare con il complicatissimo mestiere dell’ordine pubblico. Inevitabili le polemiche, che fanno comodo solo a chi ha voglia di marciarci senza troppi scrupoli. Secondo elemento di gravità: una buona parte di chi è sceso in piazza non lo ha fatto solo per ricordare un coetaneo morto in circostanze assurde, ma anche per bocciare rumorosamente l’idea all’origine del concetto stesso di alternanza scuola-lavoro. A quei ragazzi che urlavano contro il profitto, l’impresa, il lavoro e l’alternanza abbiamo raccontato balle. Fior di adulti, da genitori a professori, passando per animatori di talk show televisivi, per anni hanno ripetuto la panzana dell’indicibile sfruttamento ai loro danni. Qualcuno si è spinto fino a parlare di “nuovo schiavismo”, senza rendersi conto neppure del ridicolo di cui si copriva. Non dobbiamo certo ricordarvi chi abbia codificato il principio secondo il quale anche la bugia più insostenibile possa diventare credibile, se ossessivamente ripetuta. Un soggetto il cui nome non merita di essere ricordato, ma la sua terribile lezione sì. La responsabilità delle omissioni, delle mezze verità o delle falsità raccontate ai nostri figli ricade su di noi. Quando cominciammo a negare il valore del merito e della sana competizione. Quando li abbiamo illusi facendo balenare che tutto possa essere facile e persino dovuto, abbiamo rubato il loro futuro.   di Fulvio Giuliani

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