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Open to Meraviglia

Dalla Venere a Oscar Wilde è un attimo. Spericolato

L’agenzia pubblicitaria “Armando Testa” ‘ringrazia’ per le prese in giro e le numerose attenzioni ricevute. “Purché se ne parli”, ma anche no
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Dalla Venere a Oscar Wilde è un attimo. Spericolato

L’agenzia pubblicitaria “Armando Testa” ‘ringrazia’ per le prese in giro e le numerose attenzioni ricevute. “Purché se ne parli”, ma anche no
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Dalla Venere a Oscar Wilde è un attimo. Spericolato

L’agenzia pubblicitaria “Armando Testa” ‘ringrazia’ per le prese in giro e le numerose attenzioni ricevute. “Purché se ne parli”, ma anche no
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L’agenzia pubblicitaria “Armando Testa” ‘ringrazia’ per le prese in giro e le numerose attenzioni ricevute. “Purché se ne parli”, ma anche no
“Nel bene o nel male purché se ne parli”, è un detto che parafrasa un passaggio de “Il ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde. Un motto ripreso lungo tutto il Novecento e oltre da tantissimi, spesso citato a sproposito per trasformare delle oggettive figuracce in punti a favore, se non in clamorose (e presunte) vittorie di immagine. Si accoda da oggi a questa nutrita schiera anche una delle più note agenzie pubblicitarie d’Italia, la “Armando Testa”. Ideatrice della celeberrima o famigerata campagna “Open tu meraviglia“, con la Venere di Botticelli testimonial “social” è diventata l’indiscussa protagonista pop dell’ultima settimana. Investiti da una valanga di critiche, meme, prese in giro più o meno eleganti, distinguo e sopracciglia alzate, alla “Armando Testa“ hanno pensato bene di riscoprire il vecchio adagio di Oscar Wilde. Solo che il celeberrimo pensiero ha una sua efficacia quando secco e autoconclusivo, mentre diluito in un’intera pagina pubblicitaria acquistata sui quotidiani italiani odierni – per “ringraziare“ della stupefacente attenzione ricevuta dalla campagna, sia pur negativa – finisce per apparire più che altro una reazione stizzita e un messaggio obliquo a chi non avrebbe fatto bene fino in fondo il proprio lavoro. Un riflesso di pancia, per farla breve. Dire che non si parlasse da 500 anni così tanto della Venere di Botticelli potrà anche essere vero, ma sembra dar ragione (noi non siamo fra questi) a chi si è forzatamente indignato per l’”abuso” di un capolavoro della nostra arte a fini commerciali. Mostrarsi addirittura entusiasti delle prese in giro, più che una manifestazione di superiorità, sembra rabbia per le incredibili ingenuità altrui: dalla mancata registrazione del dominio “Open to meraviglia“, alla realizzazione raffazzonata di un video, declassato nel messaggio pubblicato stamattina a “preparatorio”. È vero, il “purché se ne parli“ resta un concetto intimamente legato alla popolarità, ma dai tempi degli esclusivi circoli intellettuali di Oscar Wilde all’era dei social di massa è cambiato tutto e questo tipo di “successo” va maneggiato con estrema cura. A meno che non si voglia passare alla storia come quelli che dissero al mondo di aver reinventato la “Venere” di uno dei maestri del Rinascimento e ci credettero pure. Di Fulvio Giuliani

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