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I perché di un dolore comune

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Indossare un abito Armani (o sognare di poterlo fare) significa indossare un pezzo della storia che ha fatto grande l’Italia emersa dalle macerie della seconda guerra mondiale

I perché di un dolore comune

Indossare un abito Armani (o sognare di poterlo fare) significa indossare un pezzo della storia che ha fatto grande l’Italia emersa dalle macerie della seconda guerra mondiale

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I perché di un dolore comune

Indossare un abito Armani (o sognare di poterlo fare) significa indossare un pezzo della storia che ha fatto grande l’Italia emersa dalle macerie della seconda guerra mondiale

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Perché tutta questa eco per la scomparsa di Giorgio Armani? Perché tutta questa partecipazione, che in parte potrà essere “dovuta”,ma che in ampia percentuale è apparsa sincera e profonda? Ancor più nel giorno dell’apertura della camera ardente?

Nel cercare una risposta, risuonano la forza e il carisma del personaggio, il valore dell’impresa creata, il segno indelebile lasciato in un mondo strategico come quello della moda per l’Italia. C’è, senza alcun dubbio, anche tutto il peso della sconfinata galleria di personaggi e celebrità che si sono precipitati a ricordare, omaggiare e non di rado mettere ancora una volta se stessi sotto i riflettori, mentre si salutava un’ultima volta l’icona dello stile.

Tutto vero e tutto giusto, almeno in parte. Eppure siamo convinti che questa ondata mediatica, la piacevole valanga di commenti, ricordi e considerazioni – quanto è bello ogni tanto potersi dedicare anche a chi ha generato valore ed è di valore per ciascuno e per il Paese – siano figlie di sensazioni del tutto personali.

Indossare un abito Armani (o sognare di poterlo fare) significa indossare un pezzo della storia che ha fatto grande l’Italia emersa dalle macerie della seconda guerra mondiale.
La forza di una generazione cui dobbiamo tantissimo.

Perché c’è l’impresa Armani, ci sono i numeri impressionanti, la capacità di tenere saldamente in pugno e in Italia l’azienda ma c’è – ancora più importante – l’esempio di chi venne dal nulla. Educato in famiglia a una disciplina ferrea, conservata per un’intera esistenza e trasmessa quotidianamente a collaboratori e potenziali eredi.

Un’etica del lavoro, dell’impegno e della fatica che non esclude l’errore, anzi. Lo considera parte – fastidiosa, questo va detto – di una qualsiasi attività imprenditoriale.
Giorgio Armani faceva parte di una generazione di (grandi) italiani che considerava un punto d’onore imparare dalle battute d’arresto e dalle sconfitte a fare di più e meglio. Non si ha memoria di sue recriminazioni o della ricerca di un colpevole esterno per un passo falso, sport sempre più diffuso nel Paese di oggi.

Per noi che restiamo e abbiamo a lungo ammirato la genialità dell’uomo e dell’imprenditore, nulla cambia che tu sia un cliente affezionato e magari con disponibilità che ti consentano di accedere alle linee più esclusive o abbia un solo abito, una sola giacca Armani per le grandi occasioni o nulla. Comunque, ti senti parte di una grande storia italiana. Da vivere come orgoglio collettivo.

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