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I ragazzi della pandemia

L’adolescenza è un’importantissima età della vita in cui avviene la prima vera maturazione. Un processo che però si è bloccato improvvisamente a causa della pandemia e dei continui lockdown.
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I ragazzi della pandemia

L’adolescenza è un’importantissima età della vita in cui avviene la prima vera maturazione. Un processo che però si è bloccato improvvisamente a causa della pandemia e dei continui lockdown.
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I ragazzi della pandemia

L’adolescenza è un’importantissima età della vita in cui avviene la prima vera maturazione. Un processo che però si è bloccato improvvisamente a causa della pandemia e dei continui lockdown.
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L’adolescenza è un’importantissima età della vita in cui avviene la prima vera maturazione. Un processo che però si è bloccato improvvisamente a causa della pandemia e dei continui lockdown.
L’adolescenza è un’età della vita affascinante ed estremamente complessa di suo. Sono gli anni delle scoperte, della prima vera maturazione. Anche, una volta lo si amava ripetere, della ‘ribellione’ all’autorità dei genitori, più generale a quella dei professori e della società che ci aveva coccolato da bambini. Tutto questo resta vero, pur se sfumato da un’evoluzione dei costumi che per esempio ha stravolto il rapporto fra mamma, papà e figli. Per tantissimi ragazzi questo processo si è però improvvisamente bloccato. Non esiste più, a causa dell’infinita serie di conseguenze della pandemia che da quasi due anni segna la loro vita. I nostri figli, durante il lockdown più duro, nel pieno di quelle settimane tempestose in cui molti adulti sembrarono perdere il senso di sé stessi, si dimostrarono fermi e meravigliosamente maturi. Spesso più responsabili dei loro genitori e anche dei nonni, voci equilibrate e razionali in famiglia, quando si doveva convincere qualcuno a starsene buono in casa e non sfidare la sorte. Non smetteremo mai di ringraziarli per tutto questo, ma oggi dobbiamo avere la lucidità di ammettere che i nostri ragazzi stanno pagando un prezzo sempre più elevato e non di rado drammatico. Le cifre ufficiali – ma anche il sentiment comune fra chiunque abbia in casa adolescenti o amici con figli di quell’età – certificano un crescente fenomeno di grave disagio. Parliamo di ragazzi che si sono chiusi in un loro mondo, da cui non riescono più a uscire. Personalità apparentemente equilibrate che non sembrano trovare più stimoli e ragioni per riconquistare quella frenetica gioia di vivere propria dei teenager. Preziosissimo innesco del bagaglio di esperienze che aiutano a forgiare l’individuo. Ragazze e ragazzi che vivono un’esperienza scolastica straniante, anche ora che sono tornati in presenza. Con la relativa eccezione di asili ed elementari, le loro classi sono delle monadi, tenute rigidamente separate le une dalle altre. L’intervallo non si fa più, qualsiasi interazione è ormai esclusa per motivi sanitari, non esistono quelle connessioni che da sempre rendono unico e frizzante il mondo scolastico. Gli alunni vivono chiusi nei loro piccoli gruppi, con il terrore dell’annuncio di compagni positivi che rispedirebbero tutti nella generalmente detestata Dad. Hanno ragione, i nostri figli, ad avere sviluppato una profonda antipatia per la cosiddetta ‘didattica a distanza’, perché in due anni noi adulti (mica loro) non siamo riusciti a fare niente di più che delle videochiamate Zoom o Skype. I ragazzi – che digitali lo sono dalla nascita e sul serio – sentono istintivamente quanto questo non significhi sfruttare il digitale, ma solo mettere delle ‘pezze a colori’ e permettere alla struttura burocratica di dire che la scuola va avanti. Avvertono, magari in modo incompleto e ancora confuso, che questa sarebbe l’occasione ideale per rivoluzionare metodi di insegnamento e di verifica vecchi di decenni, del tutto inadatti a prepararli alla vita che verrà. Invece, il nulla. La scuola è questa e non può che generare sconforto in chi voglia imparare e, perché no, mettersi alla prova in modo moderno. La vita di relazione, poi, ha subìto tali e tanti strappi da spingere molti adolescenti a delimitare il proprio mondo alla propria cameretta, usando compulsivamente gli smartphone per costruirsi una parvenza di vita sociale. Arriviamo, così, ai sempre più numerosi casi gravi di depressione, asocialità, autolesionismo. È la punta dell’iceberg, ma sarebbe grave dimenticare la moltitudine di ragazzi che sembra star bene ma si è solo abituata ad accontentarsi. Nell’età in cui bisogna ‘mordere la vita’, rubiamo l’espressione a un fantastico professore che ha voluto accomiatarsi con questo messaggio dai suoi alunni, accontentarsi e adagiarsi è un preavviso di resa alla vita. Guardiamoli, ma guardiamoli per davvero i nostri figli. Non per fare le solite stucchevoli riflessioni sui loro telefonini, ma per cercare di capire cosa stia accadendo a un mondo che ha dato splendide prova di sé ma che ora da solo non ce la fa più.   di Marco Sallustro

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