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La dolce vita da godere senza inutili nostalgie

Flavio Briatore vorrebbe far rivivere i sapori e le atmosfere de “la dolce vita” che fecero celebre via Veneto, aprendo proprio lì una delle sue pizzerie di lusso. L’intento è nobile ma serve guardare al futuro, anche perché oggi mancano personaggi capaci di incantare come allora.
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La dolce vita da godere senza inutili nostalgie

Flavio Briatore vorrebbe far rivivere i sapori e le atmosfere de “la dolce vita” che fecero celebre via Veneto, aprendo proprio lì una delle sue pizzerie di lusso. L’intento è nobile ma serve guardare al futuro, anche perché oggi mancano personaggi capaci di incantare come allora.
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La dolce vita da godere senza inutili nostalgie

Flavio Briatore vorrebbe far rivivere i sapori e le atmosfere de “la dolce vita” che fecero celebre via Veneto, aprendo proprio lì una delle sue pizzerie di lusso. L’intento è nobile ma serve guardare al futuro, anche perché oggi mancano personaggi capaci di incantare come allora.
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Flavio Briatore vorrebbe far rivivere i sapori e le atmosfere de “la dolce vita” che fecero celebre via Veneto, aprendo proprio lì una delle sue pizzerie di lusso. L’intento è nobile ma serve guardare al futuro, anche perché oggi mancano personaggi capaci di incantare come allora.
Flavio Briatore si è messo in testa una missione impossibile: rilanciare “la dolce vita” partendo dal suo luogo simbolo, via Veneto a Roma. Lui contribuirà, fa sapere, aprendo una delle sue pizzerie “Crazy pizza” nella via che ha incarnato il mito di quanto si possa godere e star allegri in Italia. A parte l’effetto malinconico di un Belpaese ancora avvinghiato all’Eldorado dei suoi anni Sessanta (che non torneranno mai più perché il passato non ritorna ma soprattutto perché il mondo è radicalmente mutato), magari per dimenticarsi un presente intriso di virus e di paure, il fatto è che mancano gli ingredienti per il come here della dolce vita. Manca anzitutto Federico Fellini, regista di un sogno. Mancano Marcello Mastroianni e Anita Ekberg. Manca Ennio Flaiano. Manca quell’Italia affamata e (ancora) con poche regole, uscita dalla Seconda guerra mondiale e vogliosa di addentare il mondo senza andar troppo per il sottile. Persino i preti non sono più quelli di una volta. L’elenco delle assenze potrebbe continuare ma ci fermiamo qua. Perché la nostalgia – mista alla melanconia – è un sentimento pigro. Decadente se dura troppo a lungo. Nel film di Fellini, che la dolce vita l’ha inventata, c’è una frase che più di altre dovrebbe invitare a riflettere sul labirinto delle malinconie: «È la pace che mi fa paura, temo la pace più di ogni altra cosa: mi sembra che sia soltanto un’apparenza e che nasconda l’inferno. Penso a cosa vedranno i miei figli domani. “Il mondo sarà meraviglioso” dicono, ma da che punto di vista se basta uno squillo di telefono ad annunciare la fine di tutto». Oggi che lo squillo di un telefono sta nelle tasche di ognuno di noi, a portata di mano – quasi un prolungamento corporeo dell’uomo contemporaneotornare indietro alla via Veneto felliniana non si può. Si tratta semmai, come da sempre gli uomini e le donne inseguendo il piacere per ingannare la morte hanno fatto nella storia, di trovare godimenti e narrazioni adatte ai tempi. Negli anni Ottanta, in fondo, la dolce vita ci fu ma ebbe altro nome e altri riti. Venne ribattezzata edonismo (con l’aggiunta di reaganiano per chi la voleva irridere o ideologizzare) ma il risultato fu più che buono. Le generazioni giovani, in quegli anni, se la son goduta senza troppi moralismi o timori. Non nel progetto di far rinascere la dolce vita ma nell’atto, quello di vivere e divertirsi. Perciò oggi, a poche ore dal 2022, anziché riavvolgere il film felliniano si tratta di trovare libertà e godimenti adatti alla nostra epoca. Evitando nostalgie e ricordando che i tempi mutano: la Fontana di Trevi non accoglie più Anita Ekberg e oggi la sua foto più famosa, con tanto di gesto scaramantico del lancio delle monetine in acqua, è quella dei capi del G20 in posa ricordo. Come here, futuro.   di Massimiliano Lenzi

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