La donna dei sogni del XX secolo
Ci sono state donne più belle di lei ma nessuna era come Marilyn Monroe. Oggi sono 60 anni esatti dalla sua morte.
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Ci sono state donne più belle di lei ma nessuna era come Marilyn Monroe. Oggi sono 60 anni esatti dalla sua morte.
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Ci sono state donne più belle di lei ma nessuna era come Marilyn Monroe. Oggi sono 60 anni esatti dalla sua morte.
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Ci sono state donne più belle di lei ma nessuna era come Marilyn Monroe. Oggi sono 60 anni esatti dalla sua morte.
Ci sono state donne più belle di lei (anche per i canoni dell’epoca), attrici più espressive, cantanti più capaci, ma nessuna è stata lei. Sul perché si sono esercitati per decenni i migliori fra critici cinematografici, interpreti e storici del costume e anche della politica, considerati i leggendari intrecci con la “casa regnante” dei Kennedy al culmine della sua gloria. La verità è che non c’è una risposta, ancora oggi a 60 anni esatti dal suicidio, il 6 agosto del 1962. Potremmo cavarcela affidandoci al fascino di un’epoca irripetibile per il cinema e per Hollywood, l’era segnata dall’esplosione del divismo più sfrenato, capace di raggiungere vette oggi inconcepibili. Mettete insieme anche tutte le starlette da milioni di follower su Instagram e davanti a Marilyn Monroe non ne resterà nulla. Sarebbe banale, però, oltre che riduttivo per la caratura di una delle donne più famose dell’intero XX secolo.
Una chiave per provare a comprendere Marilyn e il suo mito potrebbe essere il momento storico che la vide raggiungere il successo: nell’America ancora rigidamente puritana degli anni Cinquanta – in cui sottotraccia cominciavano a muoversi quelle correnti che sarebbero esplose dieci anni più tardi – la Monroe incarnava tutto ciò che un uomo potesse desiderare, senza avere mai il coraggio di esporsi pubblicamente. Anche una donna, peraltro, per quella sensualità persino sfacciata che con inebriante naturalezza Marilyn sapeva mascherare quel tanto che bastava a non incorrere negli strali di una censura (anche sociale) allora rigidissima. Aver incarnato tutto questo in pieno maccartismo, quando la folle e ridicola caccia ai comunisti finì per travolgere anche alcuni dei volti e delle voci più importanti di Hollywood è un’ulteriore prova dell’unicità del personaggio.
Per sei decenni, dopo la sua scomparsa, abbiamo potuto esplorare le drammatiche insicurezze della donna dietro la superstar, ma dovremmo sempre ricordarci di contestualizzare. Il suo travaglio, la disperata ricerca di una stabilità erano semplicemente ignoti, se non a un numero ristrettissimo di persone. Per l’America e il mondo di allora, ancora incapaci di valutare il disagio psicologico non come una patologia, era un tema inconcepibile di suo, figurarsi se accostato alla donna più popolare al mondo. Questo sarebbe arrivato dopo, mentre nella sua epoca – pur lontana anni luce dalle nostre consapevolezze – ci si concedeva il lusso di sognare apertamente, uomini e donne, ciò che non si aveva il coraggio di essere. E per questo c’era Marilyn, l’icona che incarnò i desideri di centinaia di milioni di persone. Finì per restarne stritolata e forse non poteva che andare così. Quel fardello, unico e irripetibile, sarebbe risultato insopportabile per chiunque.
Di Marco Sallustro
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