La lectio magistralis di Paola Cortellesi, troppe favolose banalità
La lectio magistralis di Paola Cortellesi, nostra nuova signora del cinema, assunta alla gloria dell’intrattenimento intelligente ma – soprattutto – corretto
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La lectio magistralis di Paola Cortellesi, troppe favolose banalità
La lectio magistralis di Paola Cortellesi, nostra nuova signora del cinema, assunta alla gloria dell’intrattenimento intelligente ma – soprattutto – corretto
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La lectio magistralis di Paola Cortellesi, nostra nuova signora del cinema, assunta alla gloria dell’intrattenimento intelligente ma – soprattutto – corretto
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La lectio magistralis di Paola Cortellesi, nostra nuova signora del cinema, assunta alla gloria dell’intrattenimento intelligente ma – soprattutto – corretto
Temo il peggio per Penelope. Potrebbe ritrovarsi buttata nell’Egeo, lei e tutto il suo telaio. La moglie di quel perditempo di Odisseo appartiene però alla mitologia e potrebbe essere risparmiata ché il mito – al contrario di altre narrazioni – è inscalfibile. Invece mala tempora currunt (sed peiora parantur, viene da completare) per tutte le signorine sognanti di Liala. E non si credano al sicuro nemmeno Meg, Jo, Beth e Amy – le ‘donnine’ della saga “Piccole donne” – nonostante la loro cifra eretica in un’epoca perfino precedente a quella delle novelle pirandelliane in cui altre signorine (zitelle) dovevano dare del voi al pater familias fino alla di lui morte. Romanzi, quelli della Alcott, in cui le giovani protagoniste non erano devastate dalla vita come – per restare nell’oltreoceano dello stesso periodo – Lily Bart de “La Casa della gioia” di Edith Wharton. Le ragazze della Alcott sono allegre, non sono fissate col matrimonio, non sono in linea con una società bacchettona. Ne è esempio la sgraziata e impetuosa Jo, che trova corrispondenza nella sognante (e lesbica?) Anne Shirley (“Anna dai capelli rossi”) della serie della canadese Lucy Maud Montgomery.
Storie inusuali per chi dalla vita doveva soltanto agognare l’arrivo di un principe azzurro. Rampollo reale assai presente in quelle fiabe oggetto di lectio da parte di Paola Cortellesi, nostra nuova signora del cinema, assunta alla gloria dell’intrattenimento intelligente ma – soprattutto – corretto. Ecco quindi stesi sul letto di Procuste di quella correttezza formale e sostanziale (a proposito, Cortellesi: “nani” è una parola che non si può più usare, a differenza di quanto ha fatto lei nella sua “magistralis”; ma se anche Omero ogni tanto dormiva, può essere concesso un pisolino anche a lei) Hugo (con la sua Cosetta, che è proprio tale come la di lei mammina Fantine) e Dostoevskij (addirittura autore di un orribile femminicidio a colpi di ascia che manco Clitemnestra con Cassandra: per altro donna vs donna), Dickens (con la governante Peggotty da zucchero filato e mamma Clara dal destino tragico), Tolstoj (con la sua Natasha Rostova, utile soltanto per rappresentare «l’armonia del mondo»), Cervantes (con Dulcinea che vive per l’aspirata gloria del matto della Mancha). Due parole per la manzoniana sciacquetta di Lucia Mondella non le vogliamo spendere? Così come per la bella Angelica del furioso Orlando dal perduto senno, col povero Astolfo sfiancatosi fin sulla Luna per recuperarglielo? E per la goldoniana Mirandolina, protagonista soltanto per la sua cifra manipolatrice e calcolatrice? Parole grosse, infine, per la donna delle donne: quella Beatrice dall’unica funzione salvifica per il Sommo poeta.
Tutto assai scorretto, ne conveniamo. Per secoli, la letteratura si è abbeverata insomma da pozzi avvelenati relativamente alla figura della donna. Ma con che risultati, signora mia! (A proposito: per una prossima lectio sul capitolo “Fiabe scorrette”, si ricordi che a vessare le disgraziate Cenerentola, Biancaneve et cetera sono altre femmine, che sarebbero passate alle vie di fatto se i rispettivi autori non le avessero fermate per tempo).
di Pino Casamassima
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