Leggere per essere
Leggere per essere. Chi non legge è perduto, chi legge si salva. Oggi però leggono in pochi, mentre ogni anno in Italia vengono pubblicati 83mila nuovi titoli
Leggere per essere
Leggere per essere. Chi non legge è perduto, chi legge si salva. Oggi però leggono in pochi, mentre ogni anno in Italia vengono pubblicati 83mila nuovi titoli
Leggere per essere
Leggere per essere. Chi non legge è perduto, chi legge si salva. Oggi però leggono in pochi, mentre ogni anno in Italia vengono pubblicati 83mila nuovi titoli
Vittorio Feltri dice – ripetendo il titolo del suo libro pubblicato da Mondadori – «chi non legge è perduto». Marina Berlusconi, che di Mondadori è presidente, ha scritto in una lettera al “Corriere della Sera” che se non si leggono libri ci sono rischi per la libertà e la democrazia e ha osservato provocando: «E se proprio nell’era del “Muoviti veloce e rompi tutto” – il motto di Zuckerberg – ci trovassimo a riscoprire la forza lenta, ma costruttiva dei cari vecchi libri?». Aldo Cazzullo, una specie di super giornalista che vende camionate di libri con ogni titolo che pubblica, si chiede: «Tra vent’anni chi leggerà ancora un libro?». Mio nonno – quello materno, che non sapete chi era ma sapeva di greco e latino, poesia e filosofia e dopo la guerra fondava scuole in giro per la campagna sannita – aveva un motto: “La lettura è l’alimento quotidiano del pensiero”.
E così siamo ritornati al punto di partenza: chi non legge è perduto, chi legge si salva. Oggi però leggono in pochi: i giovani tra gli undici e i quattordici anni (poi smettono) e gli anziani. Il resto, cioè la gran massa delle persone, non legge. Eppure ogni anno in Italia, secondo le stime dell’Aie (Associazione italiana editori), si pubblicano la bellezza di oltre 83mila nuovi titoli a stampa. Una montagna spropositata – non saranno certamente tutti di Cazzullo, ci perdoni la canzonatura – che non si sa bene che fine faccia (ma si sa che una gran parte è destinata al macero e un’altra parte a un circuito di archivi, magazzini e bancarelle che costituiscono, forse, il vero mercato del libro). Ne nasce uno strano paradosso: perché si pubblicano così tanti nuovi titoli se pochi sono i lettori?
Potrà sembrare strano, ma una grave responsabilità nella non lettura degli italiani è dovuta alla scuola. Chi legge lo ha imparato a fare di solito altrove, il più delle volte in famiglia. Ancora Feltri: «Mi ha insegnato a leggere mia zia Tina, la sorella di mia madre. Poiché non volevo andare all’asilo, riuscii a spuntarla e la zia Tina si prese la briga di occuparsi di me». La scuola dovrebbe essere una specie di zia Tina in grande ma, purtroppo, a scuola tutto si fa tranne che leggere e insegnare a leggere. «Tutto ciò che non so l’ho imparato a scuola» dice il sarcasmo di Leo Longanesi. La storia quindi è lunga, visto che aveva frequentato le scuole del Regno d’Italia. Ma non è proprio così (e da qualche parte Longanesi imparò non soltanto a leggere ma anche a scrivere e a concepire giornali e riviste tra i più belli di sempre).
Infatti oggi a scuola non c’è proprio più il libro, nel senso del testo, del volume, del classico, dell’antologia. Oggi a scuola ci sono i manuali – anche in versione e-book – che son fatti apposta per non trasmettere il piacere della lettura. Perché se non si legge vuol dire che non è nato il piacere fisico – tattile, olfattivo, visivo, affettivo – di sfogliare il libro e ‘sentirlo’ prim’ancora di leggerlo. È una questione di gusto e, del resto, il “gusto” è una qualità sensibile, estetica, viva che appartiene alla vita della letteratura in quanto tale perché le lettere non sono morte ma vive se risuonano nel nostro “gusto” e nella nostra “abitudine” che è la fonte dell’“abito morale” (e persino dell’abito sartoriale).
Non bisogna esagerare: la fine del libro non è la fine della civiltà, che è nata prima del libro. La fine della civiltà è la fine della lettura: non leggere – qualsiasi cosa – significa non alimentare più il pensiero, che è fatto di parole vive che indicano fatti che richiedono concetti per esser capiti. Nella lettura sono in gioco la comprensione del mondo e la libertà. La scuola dovrebbe essere la zia Tina.
Di Giancristiano Desiderio
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche