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Libertà di stampa e libertà di ragionare

In che modo sarebbe a rischio la libertà di stampa nel nostro Paese? Chi lancia continui allarmi avrebbe il dovere di rispondere

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Libertà di stampa e libertà di ragionare

In che modo sarebbe a rischio la libertà di stampa nel nostro Paese? Chi lancia continui allarmi avrebbe il dovere di rispondere

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Libertà di stampa e libertà di ragionare

In che modo sarebbe a rischio la libertà di stampa nel nostro Paese? Chi lancia continui allarmi avrebbe il dovere di rispondere

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In che modo sarebbe a rischio la libertà di stampa nel nostro Paese? Chi lancia continui allarmi avrebbe il dovere di rispondere

La libertà di stampa è a rischio in Italia? Domanda secca che segue gli allarmi (non nuovi, ma ci torneremo) lanciati da ambienti dell’opposizione negli ultimi tempi. Lo schema è noto e certo non sorprendente: ci si appoggia in modo surrettizio agli interventi del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che sono sempre improntati a uno spirito e un’impostazione del tutto differenti. Come ovvio.

I richiami del Capo dello Stato, infatti, sono al valore inestimabile della libertà di parola, espressione, stampa, pensiero politico e così andare, mentre gli allarmi che piovono regolarmente dall(e)’opposizione(i) hanno un chiaro obiettivo politico. Legittimo, ci mancherebbe, ma che merita un minimo di ragionamento. Se preferite, fact checking, come i nuovi dioscuri di un certo tipo di stampa con il ditino sempre alzato amano ripetere. In che modo sarebbe a rischio la libertà di stampa nel nostro Paese? Quando e come sarebbe soffocata, limitata? Non sono domande oziose e soprattutto chi lancia continui allarmi avrebbe il dovere di rispondere.

La Rai, lo diciamo subito, non vale: in preda a una lottizzazione eterna contro la quale non sappiamo più quante parole utilizzare e per cui l’unica cura sarebbe la privatizzazione, semplicemente non fa testo. Nel senso che, in base a chi vince le elezioni e al potente di turno, ci si regola di conseguenza in un eterno balletto che non sconfessa la libertà di stampa ma certifica solo quella di lottizzare. Gli altri grandi mass media seguono le loro logiche imprenditoriali, le arcinote vicinanze. Per onestà intellettuale, in ciascuno di essi si riscontra un pluralismo che in tanti altri Paesi non è assolutamente scontato. Almeno una differenza di voci e spazi, questo riconosciamocelo. Non abbiamo la BBC, insomma, ma non l’abbiamo mai avuta e tantomeno si può far finta sia un tema emerso in questi mesi. Per essere chiari, dalla nascita del governo Meloni in avanti. La stessa leggendaria televisione pubblica britannica di recente non è stata esente da errori, sbandamenti e durissime critiche, come nel caso della guerra in Ucraina o della crisi in Medioriente.

Quanto ai social, fa veramente ridere – non sorridere – pensare a una specificità italiana, considerato che il tema è globale, come il rischio di un’informazione asservita a giganteschi interessi sovranazionali, al peso dell’intelligenza artificiale e così via. Argomenti di tale vastità e complessità da rendere inconcepibile una visione ristretta al nostro Paese. Comunque sia, questo e tanti spazi simili restano di assoluta libertà espressiva e per quel pochissimo che conta ne siamo testimoni diretti.

Scriviamo e parliamo liberamente, con tutte le difficoltà e i limiti che sono propri di un Paese moderno e complesso. Piuttosto, chiediamoci se ascoltiamo e riflettiamo con altrettanta libertà. Fuori da luoghi comuni, schemi precostituiti e parole d’ordine sempre uguali. Sempre più noiose.

Di Fulvio Giuliani

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