Napoli creativa, scudetto normale
| Società
Se c’è una cosa che fa male a Napoli è la retorica su Napoli: la napoletanità. Lo stesso concetto di “normale” quanto lo è davvero?
Napoli creativa, scudetto normale
Se c’è una cosa che fa male a Napoli è la retorica su Napoli: la napoletanità. Lo stesso concetto di “normale” quanto lo è davvero?
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Napoli creativa, scudetto normale
Se c’è una cosa che fa male a Napoli è la retorica su Napoli: la napoletanità. Lo stesso concetto di “normale” quanto lo è davvero?
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Il Comune di Napoli, con il sindaco Gaetano Manfredi, e il Ministero della Cultura, con il ministro Gennaro Sangiuliano, hanno candidato all’Unesco Napoli quale “città creativa”. Ora, a parte la questione – tutt’altro che irrilevante – che l’Unesco è diventato un supermarket delle candidature e dei titoli, forse sarebbe stato meglio candidare Napoli quale “città normale”. Cosa, infatti, potrebbe essere di maggior beneficio per Napoli: ciò che (Unesco o non Unesco) comunque ha o ciò che, almeno in apparenza, sembra non avere e che le gioverebbe molto realizzare?
In una scena di “Ricomincio da tre” Massimo Troisi, dopo essersi sentito dire per l’ennesima volta «Lei è napoletano: è emigrante?», non ce la fa più a spiegare e a dire che è napoletano ma non è emigrante e cede, si arrende al luogo comune e fa con aria avvilita: «Sì, sono emigrante». Allora, dobbiamo cedere e arrenderci anche noi al luogo comune e dire che Napoli non è una città normale, non lo sarà mai perché è una città tanto creativa? Se c’è una cosa che fa male a Napoli è la retorica su Napoli: la napoletanità.
La normalità è uno di quei concetti che sembrano un po’ anormali. Ognuno ha la sua. Ci deve pur essere, però, un criterio semplice per stabilire cosa sia normalmente civile e cosa no. Altrimenti, se ognuno se ne va a spasso con la sua normalità come se ne va a spasso con il cane, salta per aria la convivenza. Cesare Zavattini, per esempio, indicava per l’Italia intera – che a volte sembra essere una Napoli più grande – un criterio di normalità e diceva: «Vorrei vivere in un Paese in cui buongiorno vuol dire buongiorno». Ecco, il criterio di Zavattini (forse) per Napoli non vale perché qui per davvero buongiorno significa buongiorno.
Se ne potrebbe indicare un altro. Questo: Napoli è una città normale come tutte le altre e anche a Napoli la squadra di calcio può vincere lo scudetto senza che erutti il Vesuvio. Purtroppo non pare che sia così e tutti temono il peggio. Si susseguono riunioni in Prefettura con i capi ultrà e vertici al Viminale, mentre Aurelio De Laurentis ha chiesto alla Rai la diretta televisiva per ragioni di sicurezza. La prossima partita, il derby Napoli-Salernitana, è stata fatta slittare da oggi a domani proprio per ragioni di sicurezza ed esser così giocata subito dopo Inter-Lazio. Insomma, se non siamo all’eruzione del Vesuvio poco ci manca e ritorna di attualità quella celebre definizione di Napoli, che Benedetto Croce faceva risalire addirittura al 1300 o giù di lì, come di un paradiso abitato da diavoli.
Così se il Napoli vincerà lo scudetto – e tra poco lo sentenzierà la matematica – Napoli non andrà in paradiso ma all’inferno. Ma è davvero così? Non si sta, forse, esagerando e dietro questa esagerazione non c’è proprio il luogo comune della creatività?
Naturalmente, è un bene che ci si prepari al meglio per festeggiare con decoro e sicurezza ma allo stesso tempo è un bene tener presente che una festa è una festa e porta con sé entusiasmo, gioia e, insomma, una botta di vita che non ha mai fatto male a nessuno. In questo caso la normalità sta proprio nella festa (che è tale perché ha una sua unicità), mentre nella vita di tutti i giorni è davvero inutile e dannoso sfoderare il solito argomento della unicità napoletana legata alla creatività, perché sa tanto di alibi e giustificazione per una normalità perduta. Credere che la creatività sia l’opposto della normalità è soltanto un luogo comune. Niente lo conferma meglio del Napoli e del lavoro fatto per vincere lo scudetto.
di Giancristiano Desiderio
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