Perché i dittatori piacciono tanto a prof e giornalisti
Perché tanti editorialisti, commentatori e maître à penser mostrano di amare senza ritegno dittatori e dittature?
Perché i dittatori piacciono tanto a prof e giornalisti
Perché tanti editorialisti, commentatori e maître à penser mostrano di amare senza ritegno dittatori e dittature?
Perché i dittatori piacciono tanto a prof e giornalisti
Perché tanti editorialisti, commentatori e maître à penser mostrano di amare senza ritegno dittatori e dittature?
Perché tanti editorialisti, commentatori e maître à penser mostrano di amare senza ritegno dittatori e dittature?
Perché tanti editorialisti, commentatori e maître à penser mostrano di amare senza ritegno dittatori e dittature?
Negli ultimi anni, un fenomeno un tempo circoscritto agli adoratori del socialismo reale di stampo sovietico si è tramutato in un’epidemia.
È ormai un classico (anche social…) la narrazione indulgente o addirittura positiva verso regimi autoritari come Cina, Russia, Iran o altri.
Che siano guerre o giovani donne occidentali sequestrate, loro sono sempre pronti ad abbaiare a favore di posti dove si ammazza, incarcera, tortura senza il minimo ritegno. Quali le ragioni profonde di questa inclinazione?
Un primo elemento da considerare è la crescente disillusione nei confronti dell’Occidente, spesso sfociato in puro odio per tutto ciò che democrazia e libertà di stampo “atlantista”. Molti editorialisti e professori criticano le liberal democrazie per la loro ipocrisia e la crescente disuguaglianza sociale.
In contrapposizione, regimi come quello cinese o russo vengono presentati come modelli di stabilità, ordine e capacità decisionale.
Per molti di questi cantori, le dittature appaiono soluzioni efficaci per superare le lentezze e le inefficienze tipiche delle democrazie liberali.
La Cina viene spesso elogiata per il suo rapido sviluppo economico e per la capacità di realizzare infrastrutture e politiche su larga scala senza le lungaggini tipiche delle democrazie parlamentari.
C’era un tizio in Italia che parlò di “aula sorda e grigia”, vi dice nulla?!
La Russia viene vista come un baluardo contro l’egemonia americana – un vecchio nemico sempre d’attualità – e come simbolo di identità culturale forte. Certo, avvelena un po’ troppo i dissidenti e scatena guerre d’aggressione come 100 anni fa… ma agli occhi di certi illuminati sono al più sacrosante “reazioni” alle cattiverie occidentali. La colpa è nostra, insomma.
Come accennato, un fattore immortale è il diffuso sentimento anti-americano, che si traduce in un rigetto del modello occidentale. La critica agli Stati Uniti come potenza egemone ha portato giornalisti, professori universitari e intellettuali a cercare alternative in regimi che violano apertamente diritti umani e principi democratici. Negano l’evidenza, esercitano il disprezzo del senso del ridicolo, ma l’importante è vomitare odio sugli Usa (e Israele). Ora sono un po’ in difficoltà, perché fra Trump e il paladino della neo-destra globale Musk c’è il rischio che possano piacere almeno un po’.
Poi ci sono quelli che urlano ogni giorno contro il patriarcato, la sottomissione della donna e la mercificazione del corpo femminile in Occidente e non hanno nulla da dire sugli ayatollah.
Taluni sono la classica punta di diamante di un gigantesco sistema di disinformazione russo, che è stato accertato negli Usa, nel Regno Unito, da noi in Italia e solo pochi giorni fa in Romania e Georgia. Mosca paga bene questo enorme ingranaggio e storicamente sa individuare con abilità i corruttibili e gli utili idioti.
di Fulvio Giuliani
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