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Ruth Belville, la signora dell’ora esatta. La storia della donna che vendeva l’orario

A ridosso della fine del 1800, per le strade di Londra, si aggira una donna. È Ruth Belville e chi la conosce la chiama “The Greenwich Time Lady” e la genesi di questo singolare nomignolo risale a qualche anno prima

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Ruth Belville, la signora dell’ora esatta. La storia della donna che vendeva l’orario

A ridosso della fine del 1800, per le strade di Londra, si aggira una donna. È Ruth Belville e chi la conosce la chiama “The Greenwich Time Lady” e la genesi di questo singolare nomignolo risale a qualche anno prima

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Ruth Belville, la signora dell’ora esatta. La storia della donna che vendeva l’orario

A ridosso della fine del 1800, per le strade di Londra, si aggira una donna. È Ruth Belville e chi la conosce la chiama “The Greenwich Time Lady” e la genesi di questo singolare nomignolo risale a qualche anno prima

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A ridosso della fine del 1800, per le strade di Londra, si aggira una donna. È Ruth Belville e chi la conosce la chiama “The Greenwich Time Lady” e la genesi di questo singolare nomignolo risale a qualche anno prima

A ridosso della fine del 1800, per le strade di Londra, si aggira una donna. Chi la conosce la chiama “The Greenwich Time Lady” e la genesi di questo singolare nomignolo risale a qualche anno prima.

Iniziamo col dire che la protagonista di questa storia si chiama Ruth Belville ed è una celebre imprenditrice. Gestisce infatti un’azienda che offre un singolare servizio: fornire l’ora esatta ai cittadini della capitale britannica. Un’eredità ricevuta da suo padre John (ex assistente del direttore del Royal Observatory di Greenwich) che nel 1836 aveva avuto un’idea formidabile. All’epoca l’Osservatorio era il riferimento univoco per stabilire con precisione l’orario ufficiale, ragione per cui i suoi uffici venivano presi quotidianamente d’assalto da parte di funzionari di aziende, banche e orologiai che si recavano a Greenwich per regolare i propri orologi e poter organizzare al meglio lo svolgimento delle loro attività.

Il signor Belville prende questo concetto e lo ribalta, mettendo in piedi un servizio per soli abbonati grazie al quale è lui in persona a recarsi presso i suoi clienti, comunicando loro ogni mattina l’ora esatta. Una trovata apparentemente banale, ma che al tempo è rivoluzionaria. E infatti ottiene un successo strepitoso, tanto da dar vita a un florido business. Quando John passa a miglior vita, è sua figlia Ruth a raccoglierne l’eredità. Ogni mattina la ragazza parte da Londra, arriva a Greenwich, regola il proprio cronometro e poi riparte in direzione della City per offrire il proprio prezioso servizio a centinaia di affezionati clienti. Non prima però di aver sorseggiato un tè in compagnia degli impiegati dell’Osservatorio. In sostanza, Ruth ‘vende’ il tempo e lo farà per i successivi cinquant’anni.

Curiosamente, per tutta la sua carriera ha utilizzato sempre il medesimo orologio, quello lasciatole in eredità da suo padre che, a sua volta, lo aveva ricevuto dal duca di Sussex. Si trattava di un modello realizzato da un orologiaio di nome John Arnold, che ne aveva fatto dono al nobiluomo inglese. Quest’ultimo però lo aveva bollato come «simile a una padella» e regalato a sua volta a John Belville. Invece fu proprio quella ‘padella’ – ribattezzata “Arnold” in onore del suo ideatore – a fare la fortuna dell’impresa di famiglia. Con il ringraziamento di gran parte dei londinesi, che proprio grazie ad Arnold potevano finalmente essere ‘sincronizzati’ fra loro.

Miss Belville negli anni non fu immune dalla concorrenza e dalle critiche. La Standard Time Company, che aveva brevettato un sistema per sincronizzare gli orologi, mise in piedi una campagna denigratoria con cui la accusava di essere responsabile di ingenti perdite economiche, causate da rallentamenti nello svolgimento delle attività e riconducibili al suo sistema antiquato. Addirittura la Bbc, che dal 1924 cominciò a trasmettere il suo segnale orario, divenne acerrima rivale della Belville. Ma ormai la “Greenwich Time Lady” era entrata nel cuore della gente e i più continuarono a considerarla l’unico riferimento attendibile per conoscere l’ora esatta. Fino al 1940 quando, ormai 86enne, decise di ritirarsi, proprio a ridosso della Seconda guerra mondiale. Ed è curioso che proprio lei, “la donna che vendeva il tempo”, avesse deciso di fermarsi mentre divampava un conflitto che quello stesso tempo lo avrebbe rubato a milioni di persone. Senza alcuna possibilità di riaverlo indietro.

di Stefano Faina e Silvio Napolitano

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