Siti per adulti, dal 18 ottobre l’Italia dirà stop alla pornografia libera sul web
Siti per adulti, dal 18 ottobre l’Italia dirà stop alla pornografia libera sul web grazie alla delibera Agcom nell’ambito del Decreto Caivano
Siti per adulti, dal 18 ottobre l’Italia dirà stop alla pornografia libera sul web
Siti per adulti, dal 18 ottobre l’Italia dirà stop alla pornografia libera sul web grazie alla delibera Agcom nell’ambito del Decreto Caivano
Siti per adulti, dal 18 ottobre l’Italia dirà stop alla pornografia libera sul web
Siti per adulti, dal 18 ottobre l’Italia dirà stop alla pornografia libera sul web grazie alla delibera Agcom nell’ambito del Decreto Caivano
Dal prossimo 18 ottobre l’Italia dirà stop alla pornografia libera sul web. Per accedere ai siti per adulti sarà obbligatorio dimostrare di essere maggiorenni. Lo stabilisce una delibera dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) nell’ambito del cosiddetto Decreto Caivano (legge 159/2023), un pacchetto normativo nato per proteggere i minori dall’accesso a contenuti inappropriati, che però apre anche a interrogativi su censura, privacy e controllo digitale.
Pubblicata lo scorso 18 aprile, la delibera Agcom impone ai siti per adulti sei mesi per adeguarsi. Chi non lo farà rischia sanzioni fino a 100mila euro e, nei casi più gravi, l’oscuramento completo da parte dei provider italiani. Il meccanismo si basa su un sistema a doppio passaggio: l’utente dovrà anzitutto dimostrare la maggiore età attraverso lo Spid, la carta d’identità elettronica oppure un altro provider certificato. In cambio riceverà un token anonimo, una sorta di gettone digitale per accedere ai contenuti vietati ai minori senza svelare la propria identità.
Una soluzione che promette un equilibrio tra sicurezza e riservatezza, ma che per molti resta soltanto un compromesso fragile. Perché se sulla carta il sistema tutela sia la privacy che i minori, nella pratica rischia di spingere molti utenti (adolescenti compresi) verso scorciatoie già ampiamente rodate: le Vpn.
Si tratta di reti private virtuali (virtual private network, appunto) legali nel nostro Paese, che permettono di aggirare i controlli simulando una connessione dall’estero. Costano poco, sono semplici da usare e soprattutto fanno già parte dell’arsenale digitale di molti giovani. Non sono però una soluzione infallibile.
Alcuni siti, per esempio, bloccano l’accesso da Vpn e i provider italiani potrebbero intervenire direttamente con blocchi Dns o Ip (misure che consentono di impedire l’accesso a determinate pagine web). Il risultato? Una rincorsa tecnologica in cui l’utente medio si ritroverà stretto tra regole stringenti e tecniche sempre più sofisticate per aggirarle.
L’Italia non è sola: in Francia un sistema simile è già operativo, con Vpn spesso rese inefficaci e multe per i siti non in regola; in Germania i controlli tramite provider accreditati esistono da tempo; il Regno Unito ci aveva provato nel 2019, fallendo unicamente per questioni legali. L’Ue sta lavorando a una normativa unificata nel contesto del Digital Services Act, con un quadro comune previsto entro fine 2025. Insomma, non è soltanto una questione italiana ma un segnale di tendenza: il web inteso come una prateria da percorrere liberamente è sotto assedio.
Ma c’è di più. Se oggi si parte dai siti per adulti, cosa impedisce domani di estendere questi sistemi a forum, social o magari notizie scomode? Agcom ha già il potere di intervenire su contenuti pirata e Iptv (i sistemi che permettono di vedere contenuti televisivi tramite Internet) e il timore è che in un futuro neanche troppo remoto l’identificazione obbligatoria dell’utente potrebbe diventare la norma, non più l’eccezione.
E la reazione degli utenti? È il vero terreno di scontro. C’è chi applaude per l’aspetto della tutela dei minori, specie in un’epoca in cui l’accesso alla pornografia è diventato fin troppo precoce, quotidiano e fuori da ogni controllo. Ma c’è anche chi teme un nuovo paradigma di sorveglianza digitale, mascherato da garanzie anonime. Perché tra l’intenzione di proteggere e il rischio di controllare il confine è sottile, fragile. In fondo il problema non è (soltanto) tecnologico. È culturale.
La sfida è convincere milioni di utenti che difendere i più giovani non equivale a limitare la libertà, ma a ridisegnarla. A patto che le nuove regole siano trasparenti, proporzionate e democratiche. Altrimenti quella che si presenta come una misura di civiltà rischia di diventare l’ennesimo passo verso una Rete sempre più chiusa, sorvegliata, filtrata. Perché, nell’era dell’iperconnessione, la libertà è ancora un diritto. Ma va difesa con lucidità. E con coraggio.
Di Stefano Faina e Silvio Napolitano
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