Tutti pazzi per i Labubu. Perché questo pupazzo è diventato una moda globale
Nell’era digitale la frenesia per un pupazzo di stoffa non è soltanto un capriccio passeggero, ma un fenomeno che attraversa i Continenti e cattura l’immaginazione di milioni di persone. È il caso dei Labubu. Le parole di Massimo Benedetti, consulente in comunicazione e co-fondatore del progetto Humanist

Tutti pazzi per i Labubu. Perché questo pupazzo è diventato una moda globale
Nell’era digitale la frenesia per un pupazzo di stoffa non è soltanto un capriccio passeggero, ma un fenomeno che attraversa i Continenti e cattura l’immaginazione di milioni di persone. È il caso dei Labubu. Le parole di Massimo Benedetti, consulente in comunicazione e co-fondatore del progetto Humanist
Tutti pazzi per i Labubu. Perché questo pupazzo è diventato una moda globale
Nell’era digitale la frenesia per un pupazzo di stoffa non è soltanto un capriccio passeggero, ma un fenomeno che attraversa i Continenti e cattura l’immaginazione di milioni di persone. È il caso dei Labubu. Le parole di Massimo Benedetti, consulente in comunicazione e co-fondatore del progetto Humanist
Nell’era digitale la frenesia per un pupazzo di stoffa non è soltanto un capriccio passeggero, ma un fenomeno che attraversa i Continenti e cattura l’immaginazione di milioni di persone. È il caso dei Labubu, personaggi dall’estetica non proprio accattivante (al punto che vengono definiti «carini ma inquietanti») distribuiti in tutto il mondo dal colosso cinese dei giocattoli Pop Mart. Prodotti in quantità limitata e venduti all’interno di blind box (cioè scatole dalle quali non è possibile capire quale modello contengano), i Labubu hanno scatenato un’isteria collettiva, diventando un esempio di cultura pop contemporanea e forse anche uno specchio del nostro rapporto con marketing e consumi.
Perché si collezionano i Labubu. Le parole di Massimo Benedetti
«C’è una forte voglia delle persone di esporli e collezionarli» spiega a “La Ragione” Massimo Benedetti, consulente in comunicazione e co-fondatore (insieme a Francesco Gavatorta) del progetto Humanist. «Negli anni abbiamo visto passare tanti oggetti iconici e i Labubu si collocano su questa linea: diventano un gioco, un amuleto, qualcosa che ti accompagna».
Pop Mart ha dovuto sospendere la vendita dei richiestissimi pupazzi da collezione
A fine maggio Pop Mart ha comunicato di aver dovuto sospendere la vendita dei richiestissimi pupazzi da collezione nei suoi sedici negozi londinesi, per prevenire potenziali problemi di sicurezza nella frenetica ricerca del modello mancante. Poco dopo a Milano si sono registrate file interminabili alla Rinascente di piazza Duomo, dove Pop Mart aveva installato un temporary store. Ma come può accadere che un oggetto apparentemente ordinario conquisti l’attenzione mondiale invadendo scaffali e feed di TikTok? Per capirlo occorre fare un salto indietro nel tempo di sei anni.
I Labubu e i vip
È dal 2019 infatti che Pop Mart produce e distribuisce i Labubu, personaggi ispirati dalla serie di libri illustrati “The Monsters” dell’artista di Hong Kong Kasing Lung. L’isteria è cominciata quando Lisa delle Blackpink, una band al femminile del k-pop coreano, ha rivelato su TikTok la sua passione per il pupazzo-giocattolo. Il passo successivo sono state le immagini di superstar internazionali come Cher, Dua Lipa e Rihanna con i Labubu orgogliosamente esibiti su borse e accessori.
Oggi il 38enne Wang Ning, fondatore dell’azienda che produce i giocattoli tanto ambiti, è diventato uno dei dieci uomini più ricchi della Cina, con un patrimonio netto stimato di oltre 22 miliardi di dollari. Del resto, ha creato un ‘mostro’ ultra redditizio: in occasione di un’asta a Pechino, un Labubu alto 131 centimetri è stato venduto per una cifra attorno ai 150mila dollari.
Una forma di soft power
A suo modo è una forma di soft power: è forse la prima volta che un brand cinese immette sul mercato un prodotto considerato esclusivo, inimitabile e in grado di contribuire a cancellare la percezione negativa – soprattutto in Europa e Nord America – del made in China. «Gli oggetti parlano e raccontano qualcosa di chi li possiede» osserva Benedetti. «Quando vediamo che qualcun altro ha ciò che desidereremmo anche noi, scatta il voler essere parte di una comunità. Dal punto di vista psicologico c’è un tema molto forte di scarsità e avversione alla perdita. Se possiedi qualcosa e rischi di perderla, la desideri ancora di più. Inoltre, se ti dicono “Ce n’è solo uno, sei fortunato se lo compri”, come accade su molte piattaforme digitali, si crea un valore emotivo immediato».
I Labubu vanno (molto) di moda su TikTok
Su TikTok quasi 2 milioni di video hanno per oggetto i Labubu, tra unboxing (il ‘rito’ dell’apertura della scatola) e recensioni. Dal bisogno di appartenenza alla paura di perdere qualcosa: dietro l’ultima mania che impazza in tutto il mondo c’è forse qualcosa in più della caccia a un giocattolo da collezione: «Sulle piattaforme vige la logica della condivisione immediata. Se trovi il Labubu raro lo mostri e così arrivano cuori, commenti, magari invidia. Non è soltanto possesso: è status, è racconto di sé. “L’ho trovato io” è il modo che oggi abbiamo per dire: esisto e faccio parte di questa comunità» conclude Benedetti.
di Valentina Monarco
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