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Vent’anni fa il secondo furto dell’Urlo di Munch

Il 22 agosto 2004 veniva rubato per la seconda volta “L’Urlo” di Edvard Munch. La prima volta avvenne nel 1994 per mano del calciatore Pal Enger

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Vent’anni fa il secondo furto dell’Urlo di Munch

Il 22 agosto 2004 veniva rubato per la seconda volta “L’Urlo” di Edvard Munch. La prima volta avvenne nel 1994 per mano del calciatore Pal Enger

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Vent’anni fa il secondo furto dell’Urlo di Munch

Il 22 agosto 2004 veniva rubato per la seconda volta “L’Urlo” di Edvard Munch. La prima volta avvenne nel 1994 per mano del calciatore Pal Enger

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Il 22 agosto 2004 veniva rubato per la seconda volta “L’Urlo” di Edvard Munch. La prima volta avvenne nel 1994 per mano del calciatore Pal Enger

In questa storia compaiono un artista, una Olimpiade, un calciatore e qualche ladro, con dieci anni di tempo a fare da cornice. L’artista è Edvard Munch. Ha trent’anni nel 1893, quando dipinge la prima versione dell’opera che più di ogni altra verrà associata a lui per il resto della vita: “L’Urlo”. Negli anni ne realizzerà ben quattro versioni, tre a olio e una a pastello. Le prime sono conservate presso il museo a lui intitolato nel cuore di Oslo. Una è esposta, mentre le altre due sono riposte con cura in magazzino. Il 22 agosto 2004 “L’Urlo” esposto in galleria scompare. È stato rubato. Scatta una caccia a livello internazionale per individuare i responsabili del furto, anche perché quella non è la prima volta che il celebre quadro viene sottratto. Il che ci porta all’Olimpiade sopracitata.

Il 12 febbraio 1994 si tiene in Norvegia la cerimonia inaugurale dei Giochi olimpici invernali di Lillehammer, quelli che vedranno le imprese di Deborah Compagnoni, Maurilio De Zolt e Manuela Di Centa e che finiranno anche nella cronaca nera per la vicenda legata alla pattinatrice su ghiaccio Tonya Harding. Quel giorno il nostro protagonista è però il calciatore Pal Enger, centrocampista che milita nel Valerenga. Talento ondivago, con alle spalle una brutta storia di violenze domestiche subite, Pal non è un fuoriclasse ma nel modesto campionato locale è uno che può giocare. Di giorno, però. Perché di notte la sua occupazione è un’altra: fare il ladro. Una seconda vita, nata durante l’adolescenza nel malfamato quartiere di Tveita dal quale proviene e grazie alla quale si concede lussi assolutamente non in linea con i modesti stipendi del calcio norvegese. Pal ha però l’animo sensibile. Ama l’arte in tutte le sue forme, ma un’opera in particolare lo ossessiona: proprio “L’Urlo” di Munch. Gli ricorda la disperazione provata da bambino, quando il patrigno lo picchiava e la sua famiglia gli sembrava il posto meno sicuro e accogliente del mondo. Così, quel 12 febbraio, con un complice che lo attende fuori, si introduce nel museo da una finestra e quando ne esce ha con sé il dipinto che tanto ama. In tutto sono trascorsi appena 50 secondi. Un’operazione apparentemente impossibile, resa più semplice dal fatto che gli occhi di tutta la nazione e di gran parte delle forze dell’ordine sono rivolti a Lillehammer. Il ladro lascia anche, a mo’ di firma, un biglietto irriverente che recita «Grazie per la scarsa sicurezza».

Prendono il via le indagini. Interviene addirittura Scotland Yard che, grazie a un agente sotto copertura spacciatosi per un mercante interessato all’acquisto dell’opera, nell’arco di tre mesi arriva a Pal. Il quale, dopo l’arresto, dirà che aveva rubato il quadro soltanto per poterlo guardare ogni volta ne avesse voglia. Lo condannano a tre anni e mezzo. Sarà ormai libero quando come tutti assiste nel 2004 al nuovo furto del dipinto. In questo secondo caso per ritrovare il capolavoro, trafugato esattamente vent’anni fa, occorrerà attendere due anni. Di Pal si tornerà invece a parlare nel 2015 (quando finirà di nuovo in carcere) e poi nel giugno di quest’anno, in occasione della sua scomparsa. La sua ex squadra lo ha ricordato così: «Non era il miglior calciatore del mondo, era più bravo come ladro». Le due facce della sua vita avevano in comune il gusto per la sfida. In fondo, per lui la differenza fra tentare un bel dribbling o rubare un’opera immortale era minima. E stava tutta nei dettagli.

Di Stefano Faina e Silvio Napolitano

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