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Verde speranza

La partita della transizione ambientale tra tecnologia e nucleare di nuova generazione.
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La partita della transizione ambientale tra tecnologia e nucleare di nuova generazione.
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La partita della transizione ambientale tra tecnologia e nucleare di nuova generazione.
Quando scoppia un incendio è ragionevole che si corra a fare in fretta. Se non si ha altro ci si passa a mano i secchi d’acqua, altrimenti si provvede con estintori e si chiamano i pompieri. Se, invece, s’invoca l’uso di un lanciafiamme è il caso di fermarsi, non farsi travolgere dalla fretta e ragionare: l’incendio lo vuoi spegnere o attizzare? Ragionare con realismo aiuterebbe a evitare che la transizione ambientale si trasformi in una transazione letale. Per avere un mondo pulito non ci vuole meno, ma più energia. Nel mondo ricco ridurre il consumo di energia mediante aggravi fiscali servirebbe solo a innescare le rivolte dei meno ricchi (prego ripassare il capitolo francese dei gilet gialli). Nel mondo povero quella riduzione è solo una atroce barzelletta, visto che di energia ne consumano troppo poca. L’energia non serve solo ad azionare le nostre macchine e i nostri riscaldamenti, ma anche a produrre, per esempio, i fertilizzanti. Riuscite a immaginare qualche cosa di più verde dell’agricoltura? Ebbene: riceve sgravi fiscali per l’uso dei carburanti inquinanti e ha bisogno di energia, altrimenti si torna alla carestia. Il tema, quindi, è come avere più energia sporcando meno. Di che sporco parliamo? Tutta l’attenzione si concentra sull’emissione di gas CO2. Il Paese europeo che ha la minore incidenza di CO2 sulla generazione di ricchezza (Pil) è la Francia. Ci riesce perché ha 58 centrali nucleari, alcune delle quali cominciano a essere vecchie. In Europa ce ne sono 185. In Ue 128. La nostra Enel ne sta costruendo una in Slovacchia. Perché noi ci siamo atomicamente suicidati nel 1987 e portiamo fuori dai confini queste capacità produttive. Comunque: se c’è un incendio cerchi l’estintore, se vuoi diminuire gas CO2 usi energia che non ne genera, come il nucleare. Ma ci sono le rinnovabili, il sole e il vento, ci si dice. Dal 2005 a oggi, nel mondo, si sono spesi 3.800 miliardi di dollari per aumentare queste fonti, che oggi coprono il 5% del fabbisogno. Petrolio, carbone e gas superano l’80% nel mondo e il 75% in Italia (però noi importiamo il 6% dell’energia elettrica che consumiamo, prodotta con il nucleare). I consumatori italiani pagano, in bolletta, ogni anno, 11 miliardi di euro per sussidiare eolico e solare. Che sono verdi ma avversati dagli ambientalisti, perché i parchi solari sono distese di specchi neri, mentre le pale eoliche modificano il paesaggio e, le ultime, sono alte 150 metri con un’apertura alare di 180. Non proprio invisibili. Dal 2035 si potranno vendere solo vetture con motore elettrico. Bello, però non solo si dovranno moltiplicare i punti di ricarica, ma a meno di circolare la notte e ricaricare durante lo splendere del sole – o circolare solo quando c’è vento, andando praticamente a vela – si dovrà aumentare l’energia elettrica immessa in rete, altrimenti quando arriviamo sul posto di lavoro e mettiamo in carica milioni di vetture salta tutto. Come la produciamo? La partita si gioca sul salto tecnologico, riguardante tanto le batterie (che cambiano la geopolitica del petrolio e del gas in geopolitica delle terre rare) quanto il nucleare di nuova generazione. Altrimenti ci stiamo prendendo in giro e autodemolendo, visto che la Cina ha in costruzione 48 centrali a carbone e in Germania aumentano la produzione da quella fonte e affrontano un attrito con gli Usa pur di non mollare il gas russo. Nel mondo si useranno tutte queste fonti – tutte – disincentivando (forse) fiscalmente le inquinanti. Nel mondo ricco vince chi va più avanti con la tecnologia di batterie e reattori. Fuori da questo resta il verde speranza, che tinge di sé la certezza di fallire l’appuntamento con la sfida ambientale. Le scelte per il 2035 e il 2050 si fanno oggi. E sentirsi dire che entrano in funzione fra dieci anni dà l’impressione di parlare con chi ha scarso comprendonio.   Di Davide Giacalone

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