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Edgar P. Jacobs

Edgar P. Jacobs, il fumetto come teatro di carta

L’interessante storia di Edgar P. Jacobs: un narratore che ha coltivato il connubio fra teatro, canto e musica
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A Bois des Pauvres, in Belgio, una sfinge sorveglia il luogo dove un tempo vi fu una casa. Il suo volto muto è però rivolto verso il vicino cimitero della cittadina di Lasne, dove ha trovato il riposo eterno il proprietario di quel domicilio ormai demolito. Su un piedistallo una seconda sfinge informa che «(Qui giace, ndr.) Edgar P. Jacobs, 1904-1987, cantante d’opera, pittore, illustratore e creatore della bande dessinée “Blake e Mortimer”». La tomba di un narratore che ha coltivato il connubio fra teatro, canto e musica. Il fumetto è stato per lui un ripiego, in cui riuscì comunque a eccellere. L’affinità con questo mezzo espressivo viene coltivata durante l’infanzia, quando i genitori gli infliggono una vita isolata rispetto a quella degli altri bambini. Nonostante Jacobs sia iperattivo, il padre poliziotto gli vieta infatti categoricamente di scendere a giocare con gli amici. Questa clausura ha qualche vantaggio, visto che gli consente di disporre di qualsivoglia strumento di disegno e di tanto tempo per impratichirsi. Il padre gli trasmette anche il suo profondo amore per la musica e per la lettura. Una volta lo porta perfino a vedere il “Faust” di Charles Gounod, facendo nascere in lui un amore per l’opera lirica che durerà tutta la vita. Tuttavia non riuscirà mai a perdonare i genitori per questa sua prigionia dorata, tanto da non nominarli neanche una volta nella sua autobiografia, sebbene scritta in tarda età. Poco tagliato per la matematica e con nessuna inclinazione per il commercio, Jacobs fa amicizia col disegnatore Jacques Van Melkebeke e inizia a coltivare professionalmente le sue doti grafiche. Nel frattempo riesce a farsi assumere prima come comparsa e quindi come corista nei suoi amati spettacoli lirici. Arriva ad affermarsi persino come tenore e baritono, ma con alterne fortune nella turbolenta Europa del primo dopoguerra. Torna così al disegno e, quando i nazisti impediscono la pubblicazione in Belgio dell’americanissimo “Flash Gordon”, Jacobs viene scelto per portarlo a una conclusione ‘locale’. Il suo finale viene molto apprezzato e gli procura la commissione di un primo lavoro originale: “Le Rayon U”, dove impiega il colore in maniera così innovativa da essere notato dal ‘papà’ di Tintin. Hergé lo vuole come colorista e fra i due nascono un’amicizia e un connubio lavorativo molto forti, tanto che pare siano stati proprio la loquacità delle invettive e il carattere ipercinetico di Jacobs a ispirare il personaggio del capitano Haddock. A fianco di un tale professionista, l’estro narrativo dell’ex cantante d’opera trova finalmente la sua forma definitiva: nel 1946 appare infatti sulla rivista “Le Journal de Tintin” l’episodio iniziale de “Il segreto dell’Espadon”, la prima avventura del professor Philip Mortimer e del suo amico capitano Francis Blake. A questa seguiranno altre sette storie – contraddistinte da un rigore formale molto elevato tanto nei testi quanto nei disegni – in grado di lasciare un segno indelebile nel panorama fumettistico francofono e mondiale. Impossibilitato a esprimersi appieno sul palcoscenico, Jacobs ha così trovato la sua dimensione in quello che era solito definire «un palco disegnato». Una somiglianza fra i due media colta d’istinto dall’autore belga e confermata dal successo della sua eredità, custodita dalle due sfingi e da chi prosegue le avventure dei suoi personaggi. di Camillo Bosco

VOTO:

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