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mare fuori

I ragazzi persi di “Mare Fuori”

“Mare Fuori” e una grande storia di successo, di cui arriverà la terza stagione nel 2023. Un cast tutto italiano, è ispirato alla vicenda reale di un gruppo di giovani che nell’Ipm di Nisida

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Chi sono i ragazzi che finiscono negli Istituti di pena per minori? Storie diverse, giovani vite che si ritrovano dietro le sbarre. Di loro racconta una serie di grande successo, di cui arriverà la terza stagione nel 2023. “Mare Fuori”, un cast tutto italiano, è ispirato alla vicenda reale di un gruppo di giovani che nell’Ipm di Nisida, in Campania, aggredirono gli agenti e presero il controllo dell’istituto.

Da lì lo spunto per poi arrivare al racconto – ovviamente in forma di fiction – delle dinamiche che si sviluppano all’interno delle mura carcerarie. Finzione ma non troppo, nella narrazione di una struttura dove – a differenza del resto d’Italia – la maggior parte dei ragazzi detenuti sono italiani. Sono i guappi della camorra. Figli di boss, con cognomi pesanti. O adolescenti che semplicemente scelgono di seguire la legge della strada. Di provare a emergere con la violenza. E poi c’è anche il bravo ragazzo, il Chiattillo come viene chiamato nella serie. Finito lì per uno stupido tragico gioco. Catapultato in dinamiche che nulla hanno a che fare con quella realtà.

Mare Fuori” colpisce perché regala uno spaccato di un mondo che si racconta poco. Perché tratteggia le storie, dietro quelli che siamo abituati a raccontare solo come numeri. Perché fa comprendere a pieno anche quanto importante sia il ruolo di chi in quegli istituti ci lavora. Come il “comandante”, nella serie interpretato dal bravissimo Carmine Recano. Diverso da quell’immagine di “ guardia” che siamo abituati ad associare alla Polizia Penitenziaria. Controllore ma anche quasi padre, per questi ragazzi persi. Ragazzi che possono ritrovare la strada. Che hanno la possibilità di cambiare. Di smettere di guardare quel “mare fuori” dalle feste di una cella.

Perché uscire dalle dinamiche criminali, anche quando imposte dalla famiglia, è possibile. Osservare il racconto di questi giovani, che sanno uccidere ma arrivano ad amare il proprio cane in modo totale ed assoluto, può servire anche a noi. Per giudicarli meno. Perché ogni ragazzo perso è una sconfitta per tutti.

di Annalisa Grandi

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