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Poison Ivy, la regina verde

Poison Ivy la villain capace di disturbare l’inossidabile rapporto tra Bruce Wayne e il suo aiutante Robin

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Nel 1966 la serie tv “Batman” impazza sugli schermi statunitensi. Si tratta di un classico esempio di contrasto fruttuoso tra generi: nel tubo catodico le storie del detective con la maschera da pipistrello prendono una piega comica, sebbene sottile, e l’estetica camp dei costumi e degli allestimenti le rende memorabili. Così le vendite di ogni cosa con sopra il nome di Batman si decuplicano, compresi i suoi fumetti che arrivano al milione di copie vendute. Presto però la rete Abc soffre qualche problema nell’adattamento delle avventure del supereroe, soprattutto a causa della penuria di personaggi femminili. Serve anche l’altra metà del cielo per permettere agli episodi di mantenere un tono leggero.

Un ampliamento della platea delle eroine e delle nemiche su cui si mettono subito al lavoro il disegnatore Carmine Infantino e lo sceneggiatore Robert Kanigher. Quest’ultimo si è fatto un nome gestendo le testate di tema bellico della DC Comics, coronando il suo lavoro con la creazione della famosa testata “Sgt. Rock” col fumettista Joe Kubert. Tuttavia il suo talento non si limita soltanto alla scrittura di storie militaresche, visto che Kanigher è un vero e proprio figlio della Grande Depressione del 1929. La sua famiglia è stata distrutta da quella crisi sul piano sia economico che psicologico e questo lo ha motivato a provvedere per i suoi genitori lavorando come un adulto sin da quando ha 15 anni. Un’adattabilità figlia dello spirito di sopravvivenza testimoniata dal fatto che, alla morte del creatore di Wonder Woman, si occupa anche di quella testata.

Questo creativo laborioso ha trovato in Infantino un collaboratore più che all’altezza, visto che l’aveva già fatto esordire nel 1947 creando il personaggio di Black Canary sulle pagine di “Flash Comics”. Adesso però serve un nemica all’altezza di Batman, cosa che porta i due autori a preferire un’antagonista dai metodi manipolatori. Sin dalla copertina del suo primo volume – il “Batman” n. 181 del giugno 1966 – Poison Ivy è infatti presentata come una villain capace di disturbare l’inossidabile rapporto tra Bruce Wayne e il suo aiutante Robin, ma lei per prima è vittima di una seduzione.

Quando è ancora soltanto una giovane botanista, la rossa Pamela Lillian Isley viene convinta dal suo professore ad aiutarlo in un furto. Il docente cascamorto teme però che lei lo possa tradire e così tenta di ucciderla con il contenuto velenoso dello stesso artefatto egiziano che hanno appena rubato. Sopravvissuta, Pamela scopre invece di aver acquisito una totale immunità ai veleni e soprattutto una certa affinità col mondo vegetale. Dimenticatasi presto dell’insegnante mascalzone, elegge l’intero genere maschile quale nemico così come chiunque minacci la natura. Il nom de guerre che sceglie, Poison Ivy, indica letteralmente l’edera velenosa. Una pianta parassita, assai resistente e dal veleno urticante, che rappresenta appieno il suo modus operandi.

Grazie a un uso dei feromoni al limite della magia, Poison Ivy riesce subito a far invaghire Batman. Si insinua così nel rapporto tra maestro e allievo e, sebbene venga sconfitta, nel tempo questa capacità di ridurre gli uomini alla sua volontà diventa il suo marchio caratteristico. Gli autori successivi a Kanigher e Infantino hanno poi avuto buon gioco a caratterizzarla come una vamp ecoterrorista dai tratti misandrici, fino a impegnarla in un flirt saffico – ormai abbastanza longevo – con Harley Quinn (la ex fiamma di Joker).

di Camillo Bosco

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