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La nascita di Lazarus Ledd e l’intuizione di Ade Capone

Oggi nelle edicole si legge «Cedesi», ma negli anni Novanta erano in continua ascesa. In questa atmosfera editoriale vivace apparve il primo numero della testata “Lazarus Ledd”
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Cos’è un bonellide? Innanzitutto è il segno del profondo solco lasciato nell’editoria fumettistica italiana dalla famiglia Bonelli. Dal dopoguerra sino a oggi, le decine di migliaia di volumi pubblicati dall’eponima casa editrice milanese hanno soprattutto in comune l’essere stampati in albi di 16×21 centimetri, con rilegatura brossurata e spesso lunghi 96 pagine. Il marchionimo bonellide è perciò nato dalla perseveranza di Tex e colleghi: un aggettivo che indica per antonomasia “il” formato italiano del fumetto. Con la particolarità che, se anche condividevano la matrice dell’editore di via Buonarroti, tali opere erano pubblicate dagli editori rivali. Se oggi le edicole sono solite affiggere «Cedesi», negli anni Novanta strabordavano invece di siffatti “Bonelli non Bonelli” e fu in questa atmosfera editoriale molto vivace e competitiva che, nel luglio 1993, apparve il primo numero della testata “Lazarus Ledd”. Conscio della concorrenza, Adelino “Ade” Capone aveva già fatto esordire il suo personaggio in un albo promozionale circolato l’anno prima in occasione della Fiera di Lucca Comics. Il suo editore – la Star Comics dei tipografi Bovini – voleva in questo modo attirare l’attenzione del nucleo dei fumettofili investendo un po’ di risorse ottenute dalla pubblicazione delle testate Marvel. Questo anche per compensare il ridotto budget destinato al parco disegnatori, costituito da esordienti. L’esperimento ha successo, soprattutto perché il trentaquattrenne Capone è già uno sceneggiatore navigato: dopo il suo esordio con l’Editrice Universo si è fatto le ossa nella Eura Editoriale, per poi perfezionarsi in ben tre testate della Bonelli (“Mister No”, “Zagor” e “Martin Mystère”). Quando viene reclutato dalla Star Comics si trova così in un ottimo equilibrio fra lo sperimentalismo giovanile e la competenza tecnica, potendo a quel punto ideare una storia la cui forza risiede nella grande varietà di temi, generi e ambientazioni. Il suo Lazarus, detto Larry, è un ex agente speciale che dopo lo scioglimento della sua unità segreta si è ridotto a fare il tassista in una New York del futuro. Reclutato sotto ricatto da una misteriosa organizzazione, scopre di far parte di una dinastia eroica e anche come la magia abbia uno spazio importante negli equilibri del suo mondo. Sin dai primi numeri i lettori si trovano di fronte a un paesaggio narrativo assai vario, ai limiti della vertigine: un thriller di ambientazione fantascientifica ibridato con la narrazione fantastica parastorica in cui antichi ordini monastici competono contro intelligenze artificiali come nemici del protagonista; quest’ultimo si divide intanto fra il successivo lavoro di giornalista e le investigazioni irregolari che deve affrontare. Tutto questo in una stretta continuità narrativa zeppa di rimandi fra un episodio e l’altro. Una ricchezza diegetica che lungi dallo stufare i lettori ne ha invece assicurato la fedeltà, rendendo la serie l’unico bonellide in grado di superare – e di molto – il centesimo numero. Ironia volle che furono al contrario i successi professionali di Capone, nel frattempo diventato autore televisivo, a decretare la lenta fine di questo rara avis del nostro Paese. Di Camillo Bosco

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