Il poco credibile Rat-Man
Basso e con gli orecchioni è un connubio comune nel mondo del fumetto. Uno dei primi personaggi di questo medium – lo Yellow Kid di Richard Outcault – corrisponde infatti ai due dettagli, così come il Topolino di Walt Disney e Ub Iwerks (oggi simbolo del più vasto impero mondiale dell’intrattenimento) e Alfred E. Neuman, mascotte della storica rivista umoristica “Mad”. Si tratta insomma di un vero e proprio topos estetico per il ruolo del buffone, confermato anche da secoli di vignette.
Quando Leonardo “Leo” Ortolani disegna nel 1989 la prima storia del suo Rat-Man – tarchiato e con le orecchie a parabola – s’inserisce quindi in un alveo assai antico, sebbene la scelta di campo sia frutto soprattutto di una decisione della casa editrice Comic Art. Rinaldo Traini, che ne è a capo, indice infatti un concorso per esordienti sulle pagine della rivista “L’Eternauta”, di grande successo in quegli anni. Il premio messo in palio è la pubblicazione nell’appendice allegata “Spot”, destinata alle opere di fumettisti sconosciuti. Il ventiduenne Ortolani, nonostante sia ancora impegnato negli studi di geologia, trova il tempo di inviare alla redazione ben due storie di taglio opposto: una drammatica e una comica. Traini, confermando la forza dello stereotipo comico del “tappo orecchiuto”, sceglie la seconda e così nel 1990 la prima avventura di Rat-Man appare cellofanata al numero 86 de “L’Eternauta”.
Nonostante l’eroe di Ortolani s’avvantaggi del successo contemporaneo del film “Batman” di Tim Burton (basato sul cavaliere oscuro della DC Comics), il nome riprenda il trattino di Spider-Man della Marvel e la sua silhouette ricordi quella di Topolino, i contenuti che il fumetto propone al pubblico sono però maggiori della somma delle parti. Innanzitutto il protagonista non ha niente di eroico, se non la sua cocciuta e irrazionale convinzione di voler fare l’eroe: debole, stupido e schifato dalle donne, sopravvive ai pericoli che incontra nelle sue avventure nonostante (e non grazie) ai suoi sforzi. L’ottusità, l’ignoranza, il razzismo e la transfobia che lo caratterizzano sono una fonte costante di gag rinforzate da una folta schiera di comprimari (meno tonti, ma di poco). L’umorismo dissacrante su cui è incardinata la formula narrativa si alterna però a frequenti momenti lirici, inaspettati per un’opera al cui centro è posto un tale minus habens. L’effetto è spesso straniante ma assimilabile al “ding” dei carrelli delle macchine da scrivere, che tiene alta l’attenzione del lettore segnalandogli l’inizio di un nuovo paragrafo emotivo. Persino la sua catchphrase «Fletto i muscoli e sono nel vuoto!» possiede una strana ambivalenza che oscilla fra lo sconsiderato e l’impavido.
Un mix di commedia e melodramma che si dimostra vincente. Dopo qualche anno di uscite intermittenti, Rat-Man viene infatti notato dalla Marvel Italia (il nome della Panini Comics nel 1997) e questa ben presto distribuisce l’improbabile eroe in tutte le edicole. Quello fra Ortolani e Panini sarà uno sposalizio ventennale e fruttifero, conclusosi nel 2017 dopo ben 122 albi che hanno permesso all’autore di sviluppare e concludere ogni trama.
di Camillo Bosco
VOTO:
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
-
Tag: fumetti, recensioni
Leggi anche