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Ariaccia attorno al Pnrr

È stato più volte definito un’occasione imperdibile per l’Italia, eppure, attorno alla realizzazione del Pnrr tira una brutta aria Tira un’ariaccia, attorno alla realizzazione del Pnrr. L’intera comunicazione del governo, delle Regioni e degli enti locali è improntata alla lamentazione dei ritardi e alla richiesta di rinvii. Supponendo che quanti sono incaricati dei controlli – a tutela dei contribuenti europei che garantiscono il debito da cui originano i finanziamenti – non abbiano occhi per leggere e orecchie per sentire. E colpisce la burocratizzazione del linguaggio, annebbiando la vista di quanti osservano e commentano, come se la celebrata “occasione storica” fosse riducibile solo all’“avanzamento della pratica”. Si negozia in modo bislacco, anticipando di non essere in grado di spendere tempestivamente i soldi assegnati ma reclamando di poterne avere altri che non siano legati a investimenti. Descrivendosi da sé soli come spendaroli deficienti. Era chiaro fin dall’inizio che l’occasione storica sarebbe stata colta se gli investimenti facilitati dai finanziamenti europei fossero andati di pari passo con le riforme necessarie a superare le arretratezze. Sul codice appalti siamo all’esame di un decreto legislativo, intanto si giunge all’orrore che nel decreto legge varato a Cutro si è inserito un articolo che stabilisce la sospensione delle regole del codice appalti, per potere costruire centri di accoglienza per gli sbarcati. L’urgenza porta alla sospensione, per il resto si naviga nella posticipazione. Sulla legge concorrenza siamo ancora attaccati agli ombrelloni, il che dimostra la miserrima anteposizione di un piccolo interesse (di rendita) a quello generale. Sono interessi italiani, non (solo) richieste europee. Il presidente della Liguria (ex Forza Italia) dice che, se al Sud non sono capaci di spendere i soldi, li si destini al Nord capace; gli risponde il presidente della Calabria (Forza Italia), ricordandogli che quei soldi si sono ottenuti per compensare gli squilibri. Hanno ragione entrambi, ma ciò dovrebbe portare a schiodare le inefficienze, non a pretendere di fermare il tempo o cambiare le finalità. L’Ufficio parlamentare di Bilancio, dopo avere documentato il fallimento del demenziale bonus 110%, informa che al Nord continuano a crescere le richieste, mentre al Sud sono crollate dopo l’interdizione alla cessione del credito. Significa che si spendono soldi di tutti a favore di pochi e per giunta allargando i divari. Se funzionasse così anche il Pnrr l’Italia dei prossimi lustri si ritroverebbe povera e priva di credibilità. Sapevamo bene che molti enti locali non sarebbero stati all’altezza, ma per questo era stato creato (governo Draghi) un ufficio centrale di supporto. Ora apprendiamo che non riescono a fare neanche più le assunzioni. E il problema non è solo e tanto lo stipendio non esaltante, quanto l’inesistenza del premio (economico e di permanenza e funzione) al merito. In questo modo si troveranno solo persone di minore formazione e caratura. È imminente la nomina di un commissario per l’emergenza idrica, ma mica si smonta il sistema disfunzionale di centinaia di gestori municipalizzati, che gestiscono un colabrodo che l’acqua la spreca. Altro esempio di necessaria confluenza di riforme e investimenti. Invece si prova a conservare il marcio spendendo soldi per profumarlo. Oppure si parla d’altro, tipo il ponte sullo Stretto di Messina. Benissimo, fatelo, ma i tempi di realizzazione sono certamente oltre quelli della scadenza del Pnrr. Vogliamo, intanto, farci arrivare binari e strade decenti? Una struggente poesia di Renzino Barbera, “Serenata all’Italia”, si conclude così: «e poi, sai chi facemu? / ittàmu tuttu a mari / ‘nta ‘stu pizzuddu d’acqua / Ed amu fattu, grittu, / lu punti supra ‘o Strittu!». Perculava il ponte. La scrisse negli anni Settanta del secolo scorso. In questo modo si resta il Paese delle conferenze stampa sugli arresti senza poi i processi, degli annunci di lavori senza poi i cantieri e delle rivoluzioni legislative senza poi riforme attuate. Tira una brutta aria, che poi ci si ritrova in casa aria appestata. di Davide Giacalone

economia, Evidenza, Italia


Davide Giacalone

Direttore de La Ragione. Editorialista, saggista e scrittore.

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