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Il parricidio Meloni-Berlusconi

Duello Meloni-Berlusconi: quanto sta accadendo in queste settimane dimostra come il problema non sia la composizione dell’esecutivo ma la successione alla guida dello sgangherato centrodestra italiano. Lo scontro tra Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi è la nuova edizione dello scontro che ci fu tra Gianfranco Fini e il suo “sdoganatore”. Sappiamo come Fini finì. E sappiamo anche che la carriera politica della Meloni – dalla fondazione di Fratelli d’Italia, con Ignazio La Russa e Guido Crosetto, alla vittoria elettorale del 25 settembre – può essere vista proprio come una sorta di “eterogenesi dei Fini”. Ciò che non sappiamo è come finirà il nuovo scontro in atto per la leadership del centrodestra in cui, diversamente dal passato, le parti si sono capovolte: il partito della destra sdoganata e, fino a prova contraria, garante della posizione atlantista dell’Italia vale tre volte tanto la forza elettorale di Forza Italia. Dunque, il problema della leadership è stato risolto dalle urne ma Berlusconi ha dato ampia dimostrazione di non volerne sapere e tra un biglietto e una vodka è ancora fortemente deciso a far valere la logica di Crono che divora i suoi figli. Ecco perché Giorgia Meloni, se non vuole fare in modo diverso la stessa fine di Fini, non ha scelta: deve commettere il necessario parricidio politico. Quanto sta accadendo in queste settimane, giorni e ore dimostra ampiamente che il problema non è la composizione dell’esecutivo ma la successione alla guida dello sgangherato centrodestra italiano. Era già accaduto nel 2018 quando le elezioni ne avevano consegnato la leadership a Matteo Salvini. In quel caso il padre-padrone reagì con il noto spettacolino all’uscita dalle consultazioni al Quirinale. Poi le cose andarono come andarono con il Conte I e il Papeete. Oggi la scena politica e la scena del delitto si ripresentano pari pari fino ad arrivare allo scontro finale in cui, come recitava lo slogan di un noto film, ne rimarrà solo uno. Con le elezioni dei presidenti di Camera e Senato proprio la presidente del Consiglio in pectore ha dimostrato di avere il polso della situazione e di non essere disposta a tutto per fare un governo pur che sia. Anzi, proprio lasciando aperta la porta del governo e delle urne ha messo nell’angolo Crono e la sua varia figliolanza, fino al punto di eleggere La Russa alla seconda carica dello Stato senza i voti di Forza Italia. Ma questa logica ha un evidente limite: o viene condotta fino in fondo o, una volta fatto il governo, diventa una sorta di bomba a orologeria. Lo dicono i fatti. La ricucitura tra i duellanti a via della Scrofa e il nuovo strappo di Berlusconi dopo la riunione di Forza Italia sono il classico gioco del tira e molla che ha come unico scopo l’indebolimento della leadership che Meloni ha conquistato sul campo ma non fino al punto di poter fare a meno della coalizione. Paradossalmente la sua posizione è forte fino a quando non c’è il governo ma diventerà meno forte quando questo sarà stato formato. In quest’ultimo caso il governo può diventare una gabbia o una trappola e il tempo inizierà a giocare in favore di Crono che è, appunto, il Tempo. Il parricidio del “venerando e terribile” padre, dunque, se va fatto va fatto con rapidità e precisione perché, come avverte Machiavelli, un’azione subitanea ed esatta che scontenta pochi è più digeribile di una pratica che si dilunga nel tempo e scontenta molti. Il parricidio ha come mezzo i Ministeri e come fine l’implosione di Forza Italia oppure la neutralizzazione della logica di Crono. O la leadership di Giorgia Meloni trova pieno riconoscimento, con questa inevitabile soluzione, o il governo non sarà un buon tentativo di soluzione dei tanti problemi dell’Italia ma un problema in più che nessuno si può permettere. Ne loro né noi.   di Giancristiano Desiderio

Evidenza, politica


Giancristiano Desiderio

Liberale, giornalista, centrocampista, studioso della vita e dell'opera di Benedetto Croce. Con "Vita intellettuale e affettiva di Benedetto Croce" ha vinto il Premio Acqui Storia 2014.

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