Farebbero bene a porre attenzione alle dichiarazioni che ha reso, più che alle ragioni della propaganda, in loro visibilmente preponderanti. Al culmine di un alterco Adriatici ha ucciso un marocchino. Subito i suoi presunti sostenitori si sono precipitati a dire che il defunto era alterato e pericoloso, che le sue minacce erano reali, sicché avergli sparato altro non è che legittima difesa.
Noi non c’eravamo, sicché non siamo in grado di dire. Potrebbe anche essere.
Ma non è, perché Adriatici sostiene il contrario: ex poliziotto, in possesso autorizzato dell’arma, avvocato che aveva pubblicamente ragionato sul significato e sui limiti della legittima difesa, lui non sostiene affatto di avere sparato per legittima difesa ma di essere stato spinto, d’essere caduto e che, in quelle condizioni, un colpo è partito per sbaglio.
Il che non è diverso: è l’opposto.
Supporre di difenderlo dimostrando che sta mentendo è il modo migliore per condannarlo, anche perché ove avesse sparato volontariamente, magari per difendersi, e poi, da conoscitore esperto della materia, avesse deciso di raccontare balle sarebbe la più solida dimostrazione di colpevolezza.
Si lasci la difesa di Adriatici a chi ha la competenza professionale per non danneggiarlo. E si eviti di farne una questione politica, da una parte, ma anche dall’altra.
Comunque la si metta, è un fatto triste e una morte che si sarebbe dovuta evitare.
di Gaia Cenol
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