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La tripletta di Wonder Woman

Storia del triangolo che ideò l’Amazzone della DC Comics
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«Bella come Afrodite, saggia come Atena, con la velocità di Mercurio e la forza di Ercole, è conosciuta solo come Wonder Woman!». Così William Moulton Marston – professore di psicologia sia all’American University che alla Tuft University – riassumeva il nuovo personaggio femminile che aveva creato per la DC Comics nella prefazione all’ottavo numero della rivista “All Star Comics”, che ne ospitò l’esordio nel 1941. Il 25 ottobre 1940 il professor Marston aveva infatti rilasciato un’intervista intitolata “Non ridete dei fumetti” in un magazine gratuito di economia domestica destinato alle casalinghe americane, il “The Family Circle” della famosa catena di supermercati Piggly Wiggly. Nel dialogo sosteneva di vedere un potenziale educativo enorme nella narrativa disegnata che andava spopolando nelle edicole statunitensi, rassicurando in tal modo centinaia di migliaia di mamme riguardo il consumo intensivo di questo recente medium da parte dei loro figli. La caccia alle streghe causata da “La seduzione dell’innocente” dello psichiatra Wertham era ancora lontana (la prima edizione d’altronde sarà del 1954), ma le famiglie degli Stati Uniti guardavano comunque con qualche sospetto questa forma di intrattenimento spesso accusata di essere priva della complessità e della caratura morale proprie invece della letteratura in prosa. Quando lessero l’opinione di Mason, Donenfeld e Liebowitz – gli editori della casa editrice DC Comics, proprietaria di Batman e Superman – si trovavano proprio in quel periodo nella costante tensione di offrire al loro giovane pubblico il brivido che cercava in ogni nuovo albo, senza però voler prestare il fianco alle accuse di offrire narrazioni vuote e diseducative. Fu un sollievo per entrambi trovare quindi una difesa spontanea dei loro prodotti a opera di un professionista riconosciuto, per di più su una rivista generalista a grande diffusione come quella, tanto che lo contattarono subito per proporgli una collaborazione. La vita del professore era poi già degna di un romanzo. Femminista convinto e sposato con la collega psicologa Elizabeth Holloway, grazie all’intuizione e all’assistenza di quest’ultima aveva sviluppato nel 1921 un apparecchio per la misurazione della pressione del sangue sistolico, antesignano di quel poligrafo altrimenti detto “macchina della verità”. Inoltre nel 1925 era rimasto impressionato dall’incontro con Olive, figlia ventunenne della pioniera femminista Ethel Byrne. La ragazza – sua studentessa – ne aveva conquistato il cuore e l’interesse, facendolo ammettere alle iniziazioni della sorellanza studentesca di cui faceva parte e che fino a quel momento erano state celate ai profani. La vista di quei riti accese la curiosità di Manson verso le pratiche del bondage e della dominazione come parafilie sessuali, colpendolo al punto da convincere la moglie ad accettare una relazione poliamorosa che includesse Olive nel loro matrimonio. La richiesta della DC Comics coinvolse quindi un triangolo familiare che prosperava da quasi un quindicennio, avendo generato tre figli e una figlia equamente divisi fra le compagne ed essendo riuscito a sopravvivere indenne alla morale della società coeva. La risposta del trio fu così un personaggio di potenza pari a Superman – eccezion fatta per la capacità di volare – il cui obiettivo era però imporsi con la forza dell’amore tanto cara a Mason. L’ideologia fu infusa in un corpo modellato dal disegnatore Harry G. Peter sulle sembianze tanto di Elizabeth quanto di Olive, la quale prestò alla supereroina anche i suoi bracciali nonché il caratteristico lazo come chiara reminiscenza delle pratiche bondage che anni prima avevano affascinato il suo docente. Un nuovo archetipo femminile che conserva la sua iconicità a ottant’anni dalla nascita. Di Camillo Bosco

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